Senza timore di esagerazione si può parlare di primo assaggio di vero cinema del 2008. Non è dato sapere cosa della produzione di quest'anno rimarrà nella storia del cinema, ma di sicuro Il Petroliere è tra i candidati più probabili.
Il Petroliere è il film del ritorno. Il ritorno di Paul Thomas Anderson a 6 anni dal particolarissimo Ubriaco D'Amore e di Daniel Day Lewis che, se si eccettua The Ballad Of Jack And Rose (minuscolo film diretto dalla moglie), mancava anch'egli dal cinema dall'uscita di Gangs Of New York 6 anni fa. E poche volte un ritorno fu tanto devastante.
Anderson gira con un'arroganza rara che, in virtù della sua indubbia abilità, diventa grande stile. Si permette di rompere tantissime tacite regole del cinema hollywoodiano in maniera personale e straordinaria, mettendo in scena un inizio lungo e praticamente muto che è da cineteca (se volete potete lanciare un urlo in sala, sarà opportuno!) per come riesce a condensare tutto lo spirito del film immediatamente e solo per immagini. Dopodichè continua nella decostruzione dello stile classico americano a suon di formalismi e trovate estetiche meravigliose, riprendendo anche i lunghi silenzi dei dialoghi, negando spessissimo il controcampo e soffermandosi sul suo protagonista, perchè solo lui conta.
Emblematica la scena in cui arriva alla fattoria Sunday e incontra per la prima volta il personaggio di Eli, lo sguardo di stupore che scambia di sfuggita con il figlio e il modo in cui non si fa menzione esplicita del fatto che quel personaggio già l'abbiamo visto ma tutto sia spiegato con le immagini è vero cinema.
Il Petroliere racconta 30 anni nella vita di un uomo, un self made man ricco potente e arrogante che tuttavia non è una figurina ma una persona vera a tutto tondo, capace di incredibile dolcezza (la scena in treno con il figlio piccolo) e terribile grettezza (l'esplosione del pozzo). Ci sono mille episodi che si susseguono per evidenti opposizioni (uomo-natura, uomo-fede, uomo-famiglia, uomo-vecchiaia) e che rendono difficile fino alla fine capire di che film si tratti.
Ancora di più Il Petroliere utilizza tutte tecniche già viste nel cinema di Anderson (macchina da presa instancabile e in continuo movimento, ritmo frenetico, musica onnipresente) ma con meno enfasi. Si passa sempre con lenti zoom o lente carrellate dai totali (riprese in cui i personaggi sono presi tutti quanti assieme al paesaggio) ai particolari. C'è un'attenzione maniacale alla composizione dell'inquadratura e a come la vita di ognuno sia immersa nelle terre in cui abitano. Infatti ad ogni inquadratura ravvicinata nella quale non si scorge l'ambiente ne corrisponde sempre una di più ampio respiro.
Purtroppo però ad un certo punto il film comincia a ripiegarsi su Daniel Day Lewis che con la solita prestazione mostruosa si mangia il film. Verso la fine il fulcro non è più il cinema, la storia o il personaggio ma Daniel Day Lewis stesso, trasfigurato dal personaggio e dai suoi virtuosismi, in un crescendo che culmina nella scena finale nella sala da bowling. Così nonostante sia un ottimo film, all'uscita da Il Petroliere non si può fare a meno di pensare che sia un capolavoro mancato, che "questa volta ci siamo andati veramente vicini".
Menzione particolare per le musiche per archi di Jonny Greenwood dei Radiohead, durante la proiezione ad un certo punto ho dovuto prendere la cartella stampa per leggere di chi diavolo fossero tanto erano sorprendenti. Un misto di classico stile hollywoodiano, trovate hitchcockiane e utilizzo kubrickiano che spero davvero faccia scuola. E datemi torto se ne avete il coraggio!
Il Petroliere è il film del ritorno. Il ritorno di Paul Thomas Anderson a 6 anni dal particolarissimo Ubriaco D'Amore e di Daniel Day Lewis che, se si eccettua The Ballad Of Jack And Rose (minuscolo film diretto dalla moglie), mancava anch'egli dal cinema dall'uscita di Gangs Of New York 6 anni fa. E poche volte un ritorno fu tanto devastante.
Anderson gira con un'arroganza rara che, in virtù della sua indubbia abilità, diventa grande stile. Si permette di rompere tantissime tacite regole del cinema hollywoodiano in maniera personale e straordinaria, mettendo in scena un inizio lungo e praticamente muto che è da cineteca (se volete potete lanciare un urlo in sala, sarà opportuno!) per come riesce a condensare tutto lo spirito del film immediatamente e solo per immagini. Dopodichè continua nella decostruzione dello stile classico americano a suon di formalismi e trovate estetiche meravigliose, riprendendo anche i lunghi silenzi dei dialoghi, negando spessissimo il controcampo e soffermandosi sul suo protagonista, perchè solo lui conta.
Emblematica la scena in cui arriva alla fattoria Sunday e incontra per la prima volta il personaggio di Eli, lo sguardo di stupore che scambia di sfuggita con il figlio e il modo in cui non si fa menzione esplicita del fatto che quel personaggio già l'abbiamo visto ma tutto sia spiegato con le immagini è vero cinema.
Il Petroliere racconta 30 anni nella vita di un uomo, un self made man ricco potente e arrogante che tuttavia non è una figurina ma una persona vera a tutto tondo, capace di incredibile dolcezza (la scena in treno con il figlio piccolo) e terribile grettezza (l'esplosione del pozzo). Ci sono mille episodi che si susseguono per evidenti opposizioni (uomo-natura, uomo-fede, uomo-famiglia, uomo-vecchiaia) e che rendono difficile fino alla fine capire di che film si tratti.
Ancora di più Il Petroliere utilizza tutte tecniche già viste nel cinema di Anderson (macchina da presa instancabile e in continuo movimento, ritmo frenetico, musica onnipresente) ma con meno enfasi. Si passa sempre con lenti zoom o lente carrellate dai totali (riprese in cui i personaggi sono presi tutti quanti assieme al paesaggio) ai particolari. C'è un'attenzione maniacale alla composizione dell'inquadratura e a come la vita di ognuno sia immersa nelle terre in cui abitano. Infatti ad ogni inquadratura ravvicinata nella quale non si scorge l'ambiente ne corrisponde sempre una di più ampio respiro.
Purtroppo però ad un certo punto il film comincia a ripiegarsi su Daniel Day Lewis che con la solita prestazione mostruosa si mangia il film. Verso la fine il fulcro non è più il cinema, la storia o il personaggio ma Daniel Day Lewis stesso, trasfigurato dal personaggio e dai suoi virtuosismi, in un crescendo che culmina nella scena finale nella sala da bowling. Così nonostante sia un ottimo film, all'uscita da Il Petroliere non si può fare a meno di pensare che sia un capolavoro mancato, che "questa volta ci siamo andati veramente vicini".
Menzione particolare per le musiche per archi di Jonny Greenwood dei Radiohead, durante la proiezione ad un certo punto ho dovuto prendere la cartella stampa per leggere di chi diavolo fossero tanto erano sorprendenti. Un misto di classico stile hollywoodiano, trovate hitchcockiane e utilizzo kubrickiano che spero davvero faccia scuola. E datemi torto se ne avete il coraggio!
filmone lo aspetto con ansia e non leggo la recensione prima di averlo visto.
RispondiEliminaImpressionante!!!!
RispondiEliminaPurtroppo la scena in cui DDL incontra eli é un pó troppo ambigua, non posso darti ragione.
Riguardo alle musiche sono impressionato, anche se non capisco a cosa ti riferisci quando dici misto hollywoodiano hitchcockiano, kubrickiano... Nel modo in cui vengono utilizzate o per il genere?
Nel film ci sono pezzi tratti da Bodysong, altro film o Dokumentario con musiche di Greenwood.
Quando esce il prossimo podcast? Sono abbastanza lontano per prendere Radiorock.
Il prossimo podcast penso tra lunedì e martedì, la settimana scorsa abbiamo saltato la trasmissione a causa della mancanza del conduttore...
RispondiEliminaSecondo me quella scena con Eli è perfetta perchè te ti chiedi "Ma cazzo non è quello di prima??" e lui fa la stessa tua faccia facendoti capire che è normale non aver capito che succede ma senza sottolineature particolari.
Kubrickiano per dire lo è all'inizio con quel fracasso mentre si inquadrano le montagne (quind i l'uso) e hitchcockiano come tipo di temi in certi punti, comunque molto classico.
Concordo su tutta linea soprattutto su "Daniel Day Lewis che con la solita prestazione mostruosa si mangia il film" l'ho detto anche io a fine proiezione ovviamente con parole peggiori, direi che ormai DDL lo si possa avvicinare moltissimo al miglior De Niro, secondo me è l'unico suo vero erede.
RispondiEliminaPoi è uno strano che fa pochi film e sempre personaggi in cui si "maschera"...
RispondiEliminaPerò che carisma...
grande film, grande tutto. MOSTRUOSO DDL, fra lui e Thomas Anderson vince lui. E infatti agli oscar per la regia tifo coen. Per il miglior film, colonna sonora invece il petroliere merita.
RispondiEliminaOvviamente anche miglior attore, ma li non credo ci sia gara....
Vi chiedo o espertoni, se invece avete dato un significato al titolo quello vero a fronte della visione del film...?
Mi pare che Anderson sia passato da "Oil!" che è il titolo del libro da cui il film è molto liberamente tratto a "There Will Be Blood" perchè ha voluto insistere sullo scontro tra l'etica capitalista portata all'estremo, quella del self made man all'americana che non crede in nulla se non in se stesso ("Solo io posso prendere quel petrolio e lo sapete", "Non ho bisogno di voi farò accordi da indipendente"), e i diversi elementi dalla fede, agli affetti, alla famiglia. Scontro dal quale non può che uscire del sangue.
RispondiEliminaE poi c'è questo parallelo che non è possibile non fare sul sangue nelle vene e il petrolio che pulsa nei tubi, che viene estratto e zampilla come sangue dalle ferite che scorre e da vita al petroliere.
RispondiEliminaPersonalmente la prima mi sembra molto plausibile. Io personalmente ho notato che nel film il sangue si vede solo in una scena, mi domando se forse può essere quella scena a dare il titolo al film...
RispondiEliminaCmq anche oggi a tre giorni di distanza è veramente un filmone.
Visto finalmente ieri (ah, le piccole cittadine arretrate...). Non dico nulla perché hai già detto tutto tu (anche se secondo me il ripiegamento su ddl è anche voluto, come se pian piano tutto diventasse insignificante, come se la sua brama si ingoiasse tutto quanto). Solo una cosa: ma sono l'unico a non aver capito bene il rapporto Paul/Eli? Voglio dire: sono la stessa persona e l'affermazione finale di ddl è ironica oppure sono davvero due fratelli, magari gemelli? Perché nei titoli di coda i due personaggi sono distinti, pur se interpretati dallo stesso attore. Insomma, a me quella scena che dici tu mi ha confuso più che chiarirmi tutto. Come facciamo?
RispondiElimina"Praticamente, Paul Dano aveva fatto la scena di Paul Sunday (quando va a trovare Daniel), e per Eli Sunday c'era un altro attore, Kel O'Neill; ma quando O'Neill se n'è andato, PTA ha deciso di dare Eli a Paul Dano, solo che era troppo tardi per rigirare la scena di Paul Sunday con un altro attore. Così, i due fratelli sono diventati gemelli, anche se non era nelle intenzioni iniziali."
RispondiEliminaIndiscrezioni trovate altrove.
Abbiamo anche una fonte su questa cosa? No perchè è interessante e sarebbe buono sapere chi l'abbia detto.
RispondiEliminaAd ogni modo postulando che sia una cosa vera non si può negare che PTA ha fatto di necessità virtù e ha cavalcato questa imposizione del caso lasciando obiettivamente ambiguo la storia dei fratelli sunday.
La stessa notizia l'ho trovata su due diversi forum di cinema. In un caso non dava fonti, nell'altro diceva di aver trovato la notizia su imdb.
RispondiEliminaComunque sì, ha puntato parecchio sull'ambiguità.