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8.3.11

Il Rito (The Rite, 2011)
di Mikael Halfstrom

POSTATO SU
Ci sarà un motivo se nella stragrande maggioranza dei casi la religione al cinema è quella cattolica. Nonostante i film che più mettono in scena preti o monaci siano quelli americani e nonostante gli americani siano più battisti, calvinisti e protestanti che cattolici, lo stesso è la Chiesa del Vaticano ad essere quella maggiormente rappresentata. La ragione probabilmente la si trova nel senso drammaturgico intrinseco alla sua natura, nella rigida struttura gerarchica, nelle radici antiche, nelle formule in latino (dalle proprietà magiche come quelle di Harry Potter), nelle regole tanto assurde quanto ferree (da cui la castità e la repressione sessuale) e nella centralizzazione del potere in un luogo misterico come il Vaticano.

Il Rito, come molti altri film a sfondo cattolico prima di lui tratta di esorcismi, ovvero è un film horror dotato di una forte spiritualità presa in prestito. Presa in prestito perchè è quella di una religione realmente esistente che il film manipola, ingrandisce e romanza. Preti potentissimi, saloni magnifici, misteri, occultismo e un'abitudine al paranormale anche da parte delle persone normali che ha dell'assurdo. Ma tant'è, sono le regole del film d'esorcismo in grande stile.
In un certo senso si rimpiangono opere come L'ultimo esorcismo che, se non altro, mostravano la pratica come un'eccezione, un caso raro di cui tutti si stupiscono. Qui invece sono abbastanza all'ordine del giorno.

Girato in larga parte in Italia da Mikael Halfstrom, un abbonato a horror paranormali, Il Rito cerca una sua originalità senza trovarla, non fa molta paura e in un ultima analisi lascia ben poco, come molto cinema esorcistico degli ultimi anni (in questo senso non mancano i cartelli che pretendono che i fatti siano realmente accaduti).
Il punto di forza di tutto dovrebbe essere Anthony Hopkins, ennesima reincarnazione del male, che invece è l'ennesima reincarnazione di un serial killer. Più cattivo che malvagio, più sadico che maligno il suo prete posseduto è pieno di ritocchi digitali, impreca come si faceva in esorcismi ben più noti e si distingue dalla massa solo quando parla in un italiano stentato.

7 commenti:

  1. Alla fine sono le costrizioni e i limiti imposti ai personaggi che rendono le situazioni interessanti.
    E' il motivo per cui non puoi scrivere una bella storia di teenager senza ambientarla in un passato di rigidità e puritanesimo, o una bella storia di spie senza tornare ai tempi del KGB.

    Il mondo era più interessante prima (dal punto di vista drammaturgico) e la Chiesa ne traghetta attraverso i tempi un pezzettino.
    Se a questo aggiungi il soprannaturale e l'utilizzazione del materiale religioso cristiano in chiave mitica (l'ha fatto Dan Brown e ha sbancato..) la storia è cotta a puntino.

    Ma tu mi dirai che ognuno deve raccontare il suo tempo.

    "Non sposerai mai quel Montecchi!"

    "Me ne fotto, e non mi sposo, ci vado a convivere..."


    Non è la stessa cosa.

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  2. No ma io ci sto e mi piace anche. Cioè concordo che la Chiesa cattolica è mille volte più drammaturgica delle altre anche se gli levi tutta la parte esorcismi (che nel genere "cinema del cattolicesimo" sono un sottogenere a parte). E mi diverte come una comunità di minoranza, negli Stati Uniti, sia di maggioranza nelle sue forme di rappresentazione.

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  3. Anonimo4:22 PM

    Hopkins gigioneggia come sempre quindi?

    Ale55andra

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  4. Giusto ieri ho visto "Io Confesso" di Hitchcock e c'è un aspetto che si ricollega alla nostra discussione: la wikipedia dice che il pubblico americano dell'epoca giudicò la storia troppo inverosimile, con questo vincolo della segretezza rispettato fino alle estreme conseguenze.

    Inutile dire che a me italiano è sembrato normalissimo (ok, per un film).
    Tra l'altro c'è una scena eccezionale che è questa

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  5. si si bellissima
    una specie di via crucis personale

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  6. Film che non stravolge nulla rispetto agli altri film sull'esorcismo. Solito contrasto tra scienza e fede

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