Moretti parla solo di quel che conosce. Da sempre. La politica, lo sport e se stesso. Usa di volta in volta ognuno di questi tre elementi per parlare degli altri due. Ha fatto film psicanalitici fin dall'inizio, ad un certo punto ha cominciato anche ad interpretare uno psicologo, ma di fatto poco è cambiato. L'idea è sempre di guardarsi dentro e farlo in una maniera così indeterminata e sentimentale che, come nel cinema migliore, ognuno può completare quel disegno con le proprie ansie, paure o speranze. Bianca è uno dei film più amati tra quelli noti e celebrati, esce in ogni discussione rivelando di aver toccato tutti in maniere profonde e differenti. Habemus Papam ha lo stesso modo di suggerire stati d'animo e scatenare empatia personale. Lui parla di sè in maniera così universale e allegorica che noi abbiamo spazio per pensare a noi.
Habemus Papam è un film finalmente bello e difficile, parlarne ora a caldo è stupido ma anche irresistibile. Lo spoiler è minimo. Ci sono due filoni con due protagonisti che si incrociano solo all'inizio. Il primo è il Papa in crisi, il secondo è lo psicologo chiamato ad aiutare. Il primo è il filone drammatico di un uomo in difficoltà, che deve guidare altre persone che la pensano come lui e che da una vita reclusa cerca risposte all'aria aperta, girando per la città. Il secondo è il filone comico di un uomo normale che fa una vita normale e viene rinchiuso in Vaticano con i cardinali (perchè sa il nome del Papa e non deve rivelarlo fino all'ufficializzazione) in un mondo di assurdità.
In più ci sono i cardinali, un ensemble in cui si notano almeno 30 anni di caratteristi italiani, che fa la parte di chi quel leader lo nomina e ci si affida.
La prima stranezza spiazzante è che il motivo che genera l'entrata in scena del personaggio di Moretti decade da subito. Chiamato a curare il Papa si accorge di non poterlo fare, serve qualcuno che non sappia che lui è il Papa. A quel punto in un film normale quel personaggio dello psicologo sarebbe scomparso, non avendo più nessuna economia nella storia, mentre in Habemus Papam la sua vita reclusa con i cardinali costituisce metà del film. La metà comica, altra stranezza. Moretti riserva per sè solo le gag, le incombenze serie le lascia a Piccoli.
Dall'altra il Papa, come le monache di Narciso Nero e come il Michele di Bianca, sottoposto a stress crolla e gli ritornano in testa i motivi d'infanzia, le passioni giovanili e la volontà di mollare tutto. Il film si svolge tutto tra preti, cardinali e cerimonie ma del Vaticano sembra non importare niente a Moretti, al pari di come non gli importava la religione o del sacerdozio in La messa è finita.
C'è un uomo che deve guidare delle persone che la pensano come lui e a cui serve una figura di riferimento, quest'uomo non è adeguato, non ce la fa. A quel punto i cardinali, cioè il suo partito, come si comporta, che farà?
Forse è deformazione morettiana ma è difficile non considerare in questo film tutto quello che nel film non c'è. Il paese e la politica. C'è un momento in cui devono prendere una decisione importante riguardo questo leader inadeguato e proprio lì, davanti a quella decisione su cui non può fare niente e di cui è sempre sembrato importargli in fondo poco, vediamo per un secondo lo psichiatra sinceramente abbattuto e disperato. E' un momento sorprendentemente triste per un personaggio fino a quel momento quasi clownesco e sembra insomma per un attimo di non guardare lo psicologo ma Nanni Moretti, disilluso e triste di fronte al reiterarsi di una guida assente e un partito geriatrico che fa fronte a tutto ciò con testarda opposizione.
Parere a caldo: l'ho appena visto e mi è piaciuto molto, forse il più complesso film di Moretti. Ci sono tutti i suoi topoi e i suoi tic ma mi sembra che l'ombelico si apra verso un discorso piu ampio del solito legato lo smarrimento dell'uomo del duemila in una civiltà senza piu punti di riferimento. Ma molti altri sono gli spunti e le riflessioni che suggerisce. da ripensarci, metabolizzare, rivedere. Voglio la palma per Michel Piccoli pur non avendo visto gli altri
RispondiEliminasi lui è pazzesco
RispondiEliminaero vene in sala al nuovo sacher. il film e' una poesia. un inno all'umiltà, al coraggio di fare un passo indietro, al riconoscimento delle proprie inadeguatezze. all'essere umano cosi' com'e'con le sue debolezze e le sue paure, come purtroppo ne restano davvero pochi.
RispondiEliminaPiccoli meraviglioso tra l'altro.
RispondiEliminaAle55andra