Vale la pena ripeterlo ad ogni nuovo film di Woody Allen: continuare a distinguere in alti e bassi la carriera di quello che forse è il più grande regista in attività semplicemente non ha senso. Pensare che ci sia un possibile grafico, che si vada ad ondate o anche solo che i diversi film di Woody Allen siano collegati tra loro da una tendenza verso l'alto o verso il basso, trascura completamente l'influenza che hanno il suo modo di porsi davanti ai film che realizza, il suo stile e il suo modo di lavorare.
Piaccia o meno la straordinaria forza di Woody Allen sta nel comporre film dopo film, anno dopo anno, uno degli affreschi più incredibili si possano immaginare su la vita a contatto con l'arte. Declinando questo rapporto nelle sue componenti di aderenza, distanza, influenza, causa diretta, ispirazione o correlazione fantastica. Quest'ultilmo è il caso di Midnight in Paris, film in cui, come tanti prima di esso, il fantastico e l'immaginario sono le categorie per leggere il rapporto dei singoli (come dei creativi) con l'arte, il che per un felliniano come Allen equivale al rapporto con i propri sogni e le proprie aspirazioni.
Che Midnight in Paris poi sia un film meno divertente, meno ritmato e a tratti anche più puerile del solito (ad un certo punto si ha l'impressione di vederlo fare name dropping fine a se stesso con i grandi del passato) è un particolare al limite dell'ininfluente, se si vuole pensare a Woody Allen non come regista e autore di questo film ma di questo e altri 45 film. E per ogni momento meno riuscito ne esiste comunque uno straordinario. Quando mai da Le Luci della Città in poi (escludendo il finale di Monsters & Co.) avevamo visto un frontale così spiazzante, subitaneo, inaspettato ed emotivamente rivelatorio come quello che chiude il film?
Il solo ultimo periodo, quello dei film in tante città diverse, del tour attraverso l'Europa e dell'eterogeneità dei paesaggi dopo la maestosa concentrazione su Manhattan, è uno dei più grandi e fantastici studi sul corpo della città che si siano mai pensati.
Le "cartoline" all'inizio di Midnight in Paris, come tanti altri momenti in Scoop, Match Point, Cassandra's Dream o Vicky Cristina Barcelona in cui la paesaggistica cittadina domina, influenza e coordina le azioni dei singoli (quante passeggiate ci saranno nei film di Woody Allen? Quanti lungo fiume? Quante pioggie?), sono solo uno dei mille esempi di quella compenetrazione essenziale che esiste nel cinema alleniano tra paesaggio e storia.
Tutto il cinema di Woody Allen è uno dei più grandi studi cinematografici mai portati avanti sull'architettura urbanistica al cinema, sulla possibilità di chiudere in tanti piccoli quadri, quali sono quelli formati dai fotogrammi, l'immensità di una città intera. Scomporre l'insieme materopolitano in un'infinità di pezzi, ordinarli e incastrarli in una storia in cui agiscano degli esseri umani e così resituirne l'anima, il respiro e la complessità in un'ora e mezza.
Le sue trame "europee" non le avevamo viste a Manhattan e anche l'ingenuità di questo sogno ad occhi aperti parigino non era stato possibile a Manhattan. "Cos'è una statua o un quadro di fronte alla complessità di una città?" fa dire Woody al protagonista di Midnight in Paris.
Un Allen meraviglioso. E lo dice uno che non adora i film del buon vecchio Woody. Ma questo, a mio giudizio, gli è venuto fuori molto bene! Ne parlo anche qui: http://onestoespietato.wordpress.com/2011/11/30/tff-2011-midnight-in-paris-la-recensione/ :) confrontiamoci!
RispondiEliminami rendo sempre piu' conto di essere uno dei pochi commentatori 'puri'; sono l'unico che non ha un blog? E' un ambiente autistico, come molti altri.
RispondiEliminaa me è piaciuto tantissimo. la favola, la poesia, parigi, la cotillard, il woody-wilson che ti dimentichi che nonsia woody perchè è perfetto nella parte, nelle titubanze, nei dubbi, nel camminare avanti e indietro. ho riso anche e mi sono emozionata pur non avendo una cultura all'atezza del film e dei personaggi che evoca. Allen mischia sogno e realtà senza mai perdere di vista la seconda e senza mai abbandonare il primo. Mi ha ricordato "la rosa purpurea", ma mi è piaciuto molto di più. Gparker complimenti bellissima recensione. confermo metafora del vino ;)
RispondiEliminaMa Allen non è abbastanza ricco, vecchio e famoso da non aver bisogno di farsi finanziare dai vari enti turistici per girare cartoline illustrative di città di per loro abbastanza note?
RispondiEliminaTremo al pensiero del prossimo spot romano con colosseo, piazza navona e fontana di trevi all'alba.
Ricco e famoso lo è, ma questo non gli dà automaticamente i soldi per fare un film. E visti i suoi trascorsi, la poca fiducia che gli danno in America, prendere i fondi da enti alternativi come le regioni o i comuni è un buon compromesso.
RispondiEliminaLoro ci prendono uno spottone firmato Allen, lui ci guadagna un ciclo di indagini sulle grandi città altrimenti impossibile. E' il primo vero grande studio sulle città come opere d'arte portato avanti in tanti film.
Posso solo dire ..... rinoceronti.
RispondiEliminaè sempre bello commentarti a mesi di distanza :P
RispondiEliminasono i luoghi più sicuri, vecchi post dimenticati
RispondiEliminaVisto stasera su Iris, anni dopo. L'ho trovato bellissimo. Il 'citazionismo' è sempre motivato e per chi ha una certa sensibilità è pure utile. Offre un sacco di spunti riflessivi. Vero che a tratti potrebbe sembrare uno di quei film che normalmente vengono passati il sabato pomeriggio, ma solo per coincidente leggerezza, non altro. E grazie per l'appoggio critico.
RispondiEliminafigurati
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