Due amici, uno vive a Milano con ragazza dittatrice e lavora come commesso, l'altro spiantatissimo è rimasto in Puglia e si barcamena con poco successo. Gli incentivi della regione per le imprese messe in piedi dalle coppie di fatto li riuniscono all'insegna della finzione, simuleranno di essere gay per poter aver i soldi per dar vita alla casa di moda che è il sogno di uno dei due.
Questa è la trama basilare di Outing, ma in mezzo ci rientrano di sponda i raccomandati, il sistema clientelare, la mafia ad alti livelli, un omosessuale che si finge eterosessuale da anni, una giornalista dalla schiena dritta a cui sarà impartita una sonora lezione, i problemi di coppia, le differenze nord/sud, l'amore per le proprie radici e la propria terra e infine, in chiusura, anche un vago accenno d'ambiguità, un bromance fatto carne e il dubbio che forse la finzione era la vera verità.
Scritto e diretto da Matteo Vicino, già autore di Young Europe (film invisibile girato in qualche festival), Outing - Fidanzati per sbaglio è lungo, largo e fuori misura, come un abito sovra dimensionato non calza i propri intenti o le proprie potenzialità ma è abbondante, lasciando ampi spazi per la noia e lo sconforto.
Non siamo di fronte al peggior cinema italiano come siamo abituati ad immaginarlo (sciatto, svogliato, girato senza attenzione, senza cura e con una fretta che si traduce in ripetizione del già visto) quanto da quelle del velleitarismo puro, del tentativo di fare qualcosa di audace e innovativo che si scontra con l'incapacità di riuscirci effettivamente.
In aggiunta Vicino è anche montatore del film, e si vede. Outing non cerca il montaggio invisibile ma quello presente, adotta soluzioni poco convenzionali, stacca senza ritegno e attacca in maniere imprevedibili, senza che tutto ciò sia mai piacevole, interessante, divertente o anche solo originale.
Il montaggio sembra voler essere originale a tutti i costi e scuote il pasticcio del film ancora di più, rendendolo di parecchio più indigesto di quanto non sarebbe risultato con la sola esposizione delle banalità di scrittura e l'improbabile recitazione.
Sommando tutto Vicino appare a tutti gli effetti schiacciato dalla macchina del cinema, una macchina che non riesce a controllare con raffinatezza ma che sbanda di continuo.
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