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26.11.13

C'era una volta un'estate (The way way back, 2013)
di Nat Faxon & Jim Rash

TORINO FILM FEST
FESTA MOBILE

PUBBLICATO SU 
Inizia con 20 minuti che paiono un colpo di fucile C'era una volta un'estate (è il titolo italiano, scusateli, l'originale è The Way Way Back), da una conversazione in auto a un assolo micidiale di Allison Janney, che illustrano in pochissimo e con un gran ritmo tutto il film che deve venire: Duncan è un 14enne non integrato in un mondo che invece lo è e che quelli come lui (basta anche essere strabici) li nasconde o che li sprona a diventare come tutti gli altri. Tutto in 20 minuti sparati.

Dopo quest'inizio Rash & Faxon (attori di seconda fascia, posizione che occupano anche in questo film, al loro esordio come autori) sviluppano linearmente questi presupposti. Dopo essere arrivati nel luogo di vacanza in cui per la prima volta lui e sua madre passano del periodo con l'uomo con cui sta uscendo dopo il divorzio (Steve Carrell in un ruolo per lui inconsueto e per nulla comico) e sua figlia, Duncan, rassegnato ad un'estate di mutismo e solitudine, fuori da qualsiasi giro e per nulla voglioso di fare quel che fanno gli altri, raggiunge un parco acquatico il cui direttore aveva intravisto in città, perchè capisce che lì ci sono persone, forse, come lui.
Ci sono. E gli daranno un lavoretto che cambierà le sue prospettive.

Inevitabilmente appoggiato ad Adventureland (il film di Mottola di pochi anni fa, inventava la mitologia del lavoro estivo nel parco giochi, trasformandolo nel microcosmo umano colmo di figure archetipe che si trova anche qui) C'era una volta un'estate non ha quella forza ma lo stesso, con umorismo azzeccato e potente, riesce a dire quel che spesso dicono i film adolescenziali trovando un'insperata forza espressiva.
Il tema dell'outsider che si sente solo in un mondo che non è come lui ma che trova in altri suoi simili la forza di essere se stesso (recuperando così anche quella fiducia in sè che pareva mancargli) è sviluppato con grande ariosità e una fiducia nel pubblico che stupisce. Non molto ci viene detto sul fondamentale personaggio di Sam Rockwell, confidando nella capacità del pubblico di riempire i buchi lasciati appositamente, e nemmeno il finale è eccessivamente spiegato, basta un cambio di direzione.

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