Pages

3.12.13

Stop the pounding heart (2013)
di Roberto Minervini

TORINO FILM FESTIVAL
INTERNAZIONALE.DOC

PUBBLICATO SU 
Da una parte l'evoluzione del documentario in una forma d'espressione che intrattiene un rapporto complesso con il binomio realtà/finzione, continuando a guardare la realtà ma sempre di più con gli strumenti del cinema di finzione, dall'altra l'asciugarsi del linguaggio di certo cinema di finzione verso un semidocumentarismo che, pur inventando tutto, replica il quotidiano svolgersi della vita con poca enfasi, hanno di fatto avvicinato documentario e cinema di finzione.
Stop the pounding heart è una delle punte più alte di questo processo di avvicinamento, documentario girato per essere un film di finzione con personaggi che interpretano una versione solo leggermente modificata di se stessi negli ambienti che gli sono familiari e con gli usi che gli sono familiari.

Insomma non fingono molto i personaggi di Stop the pounding heart se non quello che è strettamente necessario. Le due famiglie del Texas, i contadini e i cowboy, sono ripresi sia nella realtà dei loro discorsi che in quella delle loro interazioni o dei loro passatempi, le parole che dicono sono quelle che pensano e solo raramente (per dare al film un filo di trama) agiscono dietro una direzione. E questa è la componente più potente di un film straordinario, che sembra usare le invenzioni visive e lo stile di Tree of life (già diventato uno standard ottimo strumento e linguaggio per raccontare l'uomo al pari dell'ambiente in cui si trova) per guardare i suoi protagonisti, un'opera impossibile se non a patto di vivere immersi nella comunità che si riprende, essendo certi di avere la massima fiducia in chi si vuole raccontare per ottenere da loro la massima trasparenza.
Un film che diventa tale per il suo processo di realizzazione e che in quello, nel meccanismo con cui nasce, nasconde il segreto della sua impossibile riuscita.

E' un'opera preziosissima Stop the pounding heart, un documentario su un'umanità bigotta, integralista e molto facile da disprezzare (per il pubblico occidentale), che è guardata con il massimo amore e la tolleranza, con la voglia di comprendere il diverso e farlo rientrare nella più grande comunità degli esseri umani invece che allontanarlo da sè come un diverso, portatore di punti di vista esecrabili e in più di un momento impressionanti. 
E' a Sarah, cioè su uno solo dei diversi personaggi, che Minervini si appoggia per fare da guida, il film segue più che altro lei e i suoi apparenti, docili e riservatissimi dubbi su tutto quello che gli viene insegnato in famiglia. Minervini ha la capacità registica di non passare mai per le parole ma creare un universo respingente e accogliente al tempo stesso che stimola la comprensione anche di tutto ciò che non si può condividere.

Nessun commento:

Posta un commento