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5.10.15

Pioneer (2013)
di Erik Skjoldbjærg

TERRA DI SIENA FILM FESTVAL
La storia vera della svolta che ha portato la Norvegia ad essere uno dei paesi più ricchi del mondo (l'installazione di oleodotti di terra) non è una passeggiata di salute ma una serie di morti, omissioni, inganni e soprusi. Ne fa le spese Petter, impiegato specializzato nel lavoro a pressioni disumane, sommozzatore che vediamo allenarsi assieme al fratello per resistere a profondità incredibili respirando un gas particolare. Al momento di andare ad operare però un incidente ucciderà suo fratello e la colpa verrà data a Petter che, incosciente, ha causato l'esplosione fatale. Petter però non è persuaso e vuole sapere il perchè del proprio momento di incoscienza, scoperchiando violenze e intrighi.

Il thriller per Skjoldbjærg sembra passare per la distorsione della percezione, già Insomnia (che ispirò l'omonimo remake americano diretto da Nolan) lavorava sulla privazione di sonno e la difficoltà per un protagonista di essere all'altezza del suo ruolo eroico anche vessato da allucinazioni, fatica e difficoltà percettive. Ora Pioneer compie la medesima operazione con lo stordimento da sbalzo di pressione, localizza la cattiveria che vuole raccontare sul mondo dei pressurizzati e come in un film americano degli anni '70 trova nelle armi tecniche, negli strumenti di lavoro (le camere iperbariche) i mezzi per le proprie torture e minacce. Ne esce un film molto originale nella sceneggiatura ma anche terribilmente sciapo nella realizzazione, che pare affidarsi interamente alle sue inquadrature ravvicinate e alla poca profondità di campo con cui viene comunicato lo stato alterato di Petter.

Il cast misto norvegese e americano è ai minimi sindacali della recitazione, così ogni sfumatura diventa un grido, ogni dettaglio microscopico uno macroscopico. Come in un tv movie le parti vengono svelate subito da sguardi truci immotivati e timorose smorfie di paura, in questa storia di segreti e ombre ogni elemento purtroppo è alla luce del sole per lo spettatore. Ciò che pare contare di più sono le sequenze d'azione e di suspense (molte e ben fatte) che però annegano in un mare di sottolineature ovvie e ben presto perdono il pathos che la storia dovrebbe dargli. Ciò che Skjoldbjærg sembra avere realmente a cuore è farci entrare nella testa di Petter, farci barcollare come lui in soggettiva, farci perdere riferimenti come lui ma anche avere la sua tenacia. Il suo sforzo però è più tecnico che narrativo.

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