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2.5.10

Gli Uomini Che Mettono Il Piede Sulla Coda Della Tigre (Tora no o wo fumu otokotachi, 1945)
di Akira Kurosawa

Noto in Italia con diversi titoli (anche Quelli che camminano sulla coda della tigre) il quarto film di Kurosawa visto con gli occhi di un occidentale di oggi è un fantastico B movie.
Tutto concentrato su un'unica situazione, caratterizzato da una durata stringatissima di 58 minuti e totalmente concentrato sugli eventi, tanto da poter essere diviso con facilità in 3-4 avversità da superare, il film gira intorno ad un gruppo di samurai che devono scortare il proprio signore attraverso una serie di posti di blocco istituiti dal fratello che gli dà la caccia. Per farlo si travestono tutti da monaci tranne il signore che viene vestito da portatore.

Fino a tre quarti di film non vedremo mai il volto (efebico) del principe e comunque anche dopo l'attenzione rimane sempre sui sei samurai (+ un vero portantino che si unisce in corsa, e così siamo a sette), concentrati nel gioco di suspense ed inganni finalizzato ad ingannare gli uomini del principe rivale che hanno il compito di non lasciar uscire il ricercato dal perimetro sotto il suo controllo.
Nonostante Kurosawa tornerà su una storia simile in La Fortezza Nascosta (i guerrieri e i servitori che scortano il principe), in questo film è molto più marcata la forza d'animo e la fedeltà dei samurai del gran signore.

Appiattito da alcune piccolezze come le ricostruzioni in interno di scenari che si suppongono essere esterni e di qualche dialogo eccessivamente lungo dovuto alla provenienza originale della storia (il teatro kabuki), il film però è la prima vera anticipazione di quel senso dell'azione kurosawiana che poi dominerà i lavori più noti, quel misto di stasi e impennate di tensione che servono a creare un ambiente propedeutico allo sviluppo dei personaggi.

2 commenti:

  1. Un film "piccolo" ma in realtà già grande, soprattutto per come vengono descritti i personaggi. A parte il buffone Enoken (un comico "alla Totò" piuttosto popolare in Giappone), a uscirne in maniera monumentale è soprattutto Benkei, che si rivela pronto persino a malmenare il suo padrone pur di convincere il nemico che si tratta solo di un servitore. E anche il "cattivo" al posto di blocco è ritratto con molta nobiltà (forse riconosce il travestimento dei suoi rivali ma fa passare lo stesso per premiarne il coraggio).

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  2. si il momento del padrone picchiato è ad un livello di giapponesità incredibile. Superato solo dalle scuse dopo.

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