Ci sono film che ogni volta che vengono visti acquistano sempre più senso, sembrano diversi ad ogni visione. Repulsione è così.
Capolavoro di rara bellezza, si distingue con forza dal cinema dell'epoca per la sua attenzione al dettaglio e per come reisce a portare alle estreme conseguenze ogni discorso. Una dinamica, questa delle estremizzazioni, prettamente moderna che in Repulsione è anticipata.
Polanski fa delle scelte e le segue fino in fondo, decide di girare un film in cui si disinteressa di palesare la differenza tra ciò che accade e ciò che la protagonista pensa stia accadendo (che quindi accade solo nella sua mente) concentrandosi sulla zona di confine tra questi due mondi (reale e immaginario), sulle dinamiche dell'ossessione umana (su tutte quella per le crepe).
Il maniera fantastica Polanski riesce a concentrare la messa in scena su minuscoli particolari anche quando li inserisce in quadri più grandi, lascia allo spettatore il compito di soffermarsi sopra di loro (le gocce sulle labbra, i mille elementi di disordine casalingo...). Fa anche un uso del sonoro molto originale per l'epoca ricorrendo sistematicamente al rumore anempatico come espediente ossessivo e di memoria, ticchettii di orologi, campanelli, campane, zanzare e tutta una serie di rumori di fondo sono fortissimi e scandiscono i momenti della pazzia (orologio/violenza sessuale, campane/calustrofobia...).
E nonostante concentri quindi il film sull'ossessione repulsiva della protagonista non manca di inserirla in un universo che non può che essere polanskiano, abitato da figure grottesche e terribilmente umane che concentrati in se stessi non ascoltano e non si curano degli altri se non per la mera curiosità.
Visto a posteriori sembra quasi una prova generale per Rosemary's Baby (che verrà 3 anni dopo) e perfezionerà l'uso degli spazi, limiterà i deliri mentali e integrerà il percorso di pazzia personale de protagonista in una trama.
Come sempre il virtuosismo registico è la regola ma mai fine a se stesso.
In un momento in cui tutti erano influenzati dall'ormai morta Nouvelle Vague francese, Polanski va immediatamente oltre facndo tesoro di quell'esperienza, nei suoi personaggi, in come la loro vita è rappresentata e l'universo in cui si muovono ci sono i film di Godard e Truffaut, ma si va anche più in là proponendo una visione non lineare ed onirica che richiama al contemporaneo Fellini ma personalizzandolo (Fellini non era così ossessivo).
11 anni dopo Polanski tornerà su questo tema in maniera molto simile (sia per trama che per messa in scena) con l'Inquilino Del Terzo Piano. Ma Repulsione resta migliore.
Capolavoro di rara bellezza, si distingue con forza dal cinema dell'epoca per la sua attenzione al dettaglio e per come reisce a portare alle estreme conseguenze ogni discorso. Una dinamica, questa delle estremizzazioni, prettamente moderna che in Repulsione è anticipata.
Polanski fa delle scelte e le segue fino in fondo, decide di girare un film in cui si disinteressa di palesare la differenza tra ciò che accade e ciò che la protagonista pensa stia accadendo (che quindi accade solo nella sua mente) concentrandosi sulla zona di confine tra questi due mondi (reale e immaginario), sulle dinamiche dell'ossessione umana (su tutte quella per le crepe).
Il maniera fantastica Polanski riesce a concentrare la messa in scena su minuscoli particolari anche quando li inserisce in quadri più grandi, lascia allo spettatore il compito di soffermarsi sopra di loro (le gocce sulle labbra, i mille elementi di disordine casalingo...). Fa anche un uso del sonoro molto originale per l'epoca ricorrendo sistematicamente al rumore anempatico come espediente ossessivo e di memoria, ticchettii di orologi, campanelli, campane, zanzare e tutta una serie di rumori di fondo sono fortissimi e scandiscono i momenti della pazzia (orologio/violenza sessuale, campane/calustrofobia...).
E nonostante concentri quindi il film sull'ossessione repulsiva della protagonista non manca di inserirla in un universo che non può che essere polanskiano, abitato da figure grottesche e terribilmente umane che concentrati in se stessi non ascoltano e non si curano degli altri se non per la mera curiosità.
Visto a posteriori sembra quasi una prova generale per Rosemary's Baby (che verrà 3 anni dopo) e perfezionerà l'uso degli spazi, limiterà i deliri mentali e integrerà il percorso di pazzia personale de protagonista in una trama.
Come sempre il virtuosismo registico è la regola ma mai fine a se stesso.
In un momento in cui tutti erano influenzati dall'ormai morta Nouvelle Vague francese, Polanski va immediatamente oltre facndo tesoro di quell'esperienza, nei suoi personaggi, in come la loro vita è rappresentata e l'universo in cui si muovono ci sono i film di Godard e Truffaut, ma si va anche più in là proponendo una visione non lineare ed onirica che richiama al contemporaneo Fellini ma personalizzandolo (Fellini non era così ossessivo).
11 anni dopo Polanski tornerà su questo tema in maniera molto simile (sia per trama che per messa in scena) con l'Inquilino Del Terzo Piano. Ma Repulsione resta migliore.
Non dimentichiamo di dire che Catherine Deneuve è un pezzo da 90.... L' unica che se la combatte con la Cardinale... Anche se non conosco la Bardot...
RispondiEliminaIo sono qui che aspetto daniele....
RispondiEliminaSolo una cosa.
RispondiEliminaTi meriti ogni bene per aver riportato fedelmente il titolo italiano, quando tutti lo chiamano Repulsion. Immaginate l'Italia degli anni 60. I manifesti per strada con quella parola e il volto della Deneuve diciottenne con uno sguardo catatonico. Che scandalo! Anche se io l'ho sicuramente già visto a Parigi nel 1965, nella mia precedente vita.
Mi sembra assolutamente fuori di dubbio che tu fossi alla prima del film in quel di Parigi.
RispondiEliminaForse hai anche fatto un po' il cascamorto con Catherine...
Lo scrivo per la quarta volta:
RispondiEliminaAHHHHH Catherine...