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24.3.16

Batman v Superman: Dawn of Justice (id., 2016)
di Zack Snyder

C’è un trucco nel cinema che consiste nel non mostrare la strategia dell’eroe, ma solo i suoi esiti. È l’opposto della suspense: invece che sapere cosa potrebbe succedere e quindi avere paura che tutto vada storto, ignorando cosa l’eroe abbia in mente e osservando solo il suo piano andare in scena, lo spettatore non percepisce la fallibilità e ha l’impressione dell’onnipotenza. È il motivo per il quale in Rambo vediamo scattare trappole che non sapevamo fossero state piazzate, così non possiamo temere che non scattino e pensiamo che quell’uomo sia invincibile. Batman v Superman basa tutta la sua percezione degli eroi su questo meccanismo ed è la parte migliore, più interessante e centrata di tutta la concezione del supereroe per Zack Snyder. Il vero asso nella manica che non ha la Marvel, molto più piegata sul rendere contagiosa l’eccitazione data dal superpotere.

Batman è così spaventoso che bisogna prendere in prestito soluzioni di linguaggio dal cinema horror per mostrare un suo salvataggio, uno in cui addirittura i salvati sono terrorizzati da chi li ha aiutati, e che forse è il momento migliore del film assieme al suo inizio; Superman è così luminoso, perfetto e deistico che appare lentamente in controluce come in un dipinto kitsch di Gesù appeso nel salotto di una famiglia messicana immigrata a New York. Per buone parti del film, almeno quando gli eroi sono al lavoro, li vediamo dal punto di vista delle vittime o dei salvati, un po’ rubando le idee alla graphic novel Marvels, un po’ ammirandoli e temendoli al tempo stesso. Se c’era un modo di declinare l’approccio “serioso” al fumetto della DC cinematografica, questo sicuramente è uno dei più grandiosi e ammalianti.

Il resto è un po’ un pasticcio di dettagli di trama che si perdono in una gran confusione, ma a Snyder davvero non importa, non si cura proprio dei dettagli, ammira la solo la magnificenza. Non se ne cura a tal punto che anche un repentino cambiamento di opinione, uno così importante da rivedere gli assunti del film, avviene senza battere ciglio, al solo pronunciare un nome. Sarebbe inaccettabile in qualsiasi altro film (e per molti lo sarà anche qui), ma non si può negare che in questa versione rivista e corretta di L'Uomo D'Acciaio, che ne mitiga un po’ la confusione distruttiva e cerca di donargli più fascino, spianando la strada all’allargamento dell’universo DC al cinema (anche con un po’ di goffaggine rispetto alla concorrenza), ci siano alcune delle migliori trovate visive in assoluto del cinema di supereroi. Se siete legati alla plausibilità, alle storie e ai personaggi forse non fa per voi. Se vi piace la forma e pensate che sia quella a parlare veramente, non i dialoghi, e che in fondo il mito sia più forte dell’intreccio, allora sarete più a vostro agio.

Comunque la si pensi Affleck e Cavill sono perfetti, finalmente ottimi nei loro panni, ottimi nell’incarnare degli archetipi e Affleck in particolare con il suo fisico che appare tarchiato e squadrato, senza collo come il Batman della serie animata anni '90, è un uomo pipistrello perfetto per opporsi allo slanciato Superman. Molto più sicuri di sè e centrati del Luthor di Jesse Eisenberg, costretto a calzare scarpe troppo grandi (quelle di Gene Hackman e Kevin Spacey) e pietosamente rifugiato in una recitazione caricaturale che non padroneggia. Un peccato. Di certo a trionfare è Gal Gadot, super donna già da molto prima di presentarsi come Wonder Woman, calza la scena con un passo superiore al resto dell’umanità. Non è di questo mondo e si vede anche solo quando entra in una stanza, caratteristica che le dona un’altra carica quando effettivamente scende sul campo.

Alla fine questo film che non può mettere daccordo nessuno e sarà di certo odiato tanto quanto amato, ha tutti i pregi del cinema fagocitante di Snyder, la sua magniloquenza e la passione per le virtù cristallizzate dentro uomini posseduti da qualcosa di eccezionale che li trascende. Ha un’ammirazione per i supereroi che è totalmente assente dall’approccio compagnone della Marvel. Questi non potrebbero mai essere nostri amici, questi sono esseri eccezionali e senza nulla di comune. Appassionato al Dio ma terribilmente attratto dall’uomo che lotta con testa e volontà per essergli superiore, Snyder ha tentato di mettere in scena il più vecchio conflitto di sempre e fino a che non è stato costretto a chinare la testa di fronte alla ragion di franchising, finendo ingarbugliato nella sua stessa tela, sembrava quasi essere ad un passo dalla vera grandezza.

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