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7.3.07

Guida Per Riconoscere I Tuoi Santi (A Guide To Recognizing Your Saints, 2006)
di Dito Montiel


"In un film c'è 50% di realtà, 30% di vita mia e 20% di invenzione" questo diceva (grossomodo) Truffaut riguardo i propri film, una massima che in seguito è stata seguita (dichiaratamente o meno) da molti altri registi, rimasti affascinati dal modo autoriale di procedere dei registi della Nouvelle Vague francese.
Questo il motivo per cui spesso un'opera fortemente autobiografica e fortemente legata all'esperienza dell'autore risulta buona, scorrevole ed empatica anche al di là delle effettive capacità di chi la scrive o dirige. Nel caso particolare Dito Montiel prima scrive il libro poi Robert Downey Jr. gli dice: "Ehi ma questo è un film!" e Montiel diventa regista.
Ma Montiel non è un regista. Ha qualche trovata moderna (uso particolare della voce fuori campo e della narrazione sconnessa) ma nulla più. Eppure Guida Per Riconoscere I Tuoi Santi (indubbiamente il titolo è la cosa più bella) è di forte impatto, certo molto ruffiano nel suo descrivere con continui flashback la dura adolescenza del protagonista che ora adulto di successo torna da dove da ragazzo è stato costretto a fuggire. Dall'inizio sappiamo che ce la farà e che non sarà facile, inoltre le musiche e i continui sentimenti esibiti sono proprio lì pronti a conquistare tutti. Amicizie forti, storie d'amore passionali e la continua incombenza di un futuro chiuso, segnato dalla vita nelle borgate che non offre spiraglio. Per questo e tanto altro si parteggia per il giovane che vorrebbe andarsene anche se la famiglia e gli amici non vogliono, per il ragazzo che cerca di uscire dal ghetto.
Alcuni ci hanno visto citazioni di I Ragazzi Della 56° Strada o inquadrature prese da Scorsese (a me sinceramente non è sembrato assolutamente, anzi lo stile mi sembra volutamente differente) e addirittura hanno sentito musica anni '80 quando era tutta roba anni '70 (benchè il film sia ambientato negli anni '80).

Poi un giorno dovremo metterci sul serio a parlare del fatto che il rapporto problematico padre/figlio è il cuore della cinematografia americana degli ultimi 20 anni buoni....

8 commenti:

Kinemazone ha detto...

Concordo sulla bellezza del titolo. Mi chiedo come mai stavolta in Italia ci siamo fatti sfuggire l'occasione di infierire con la solita oscenità limitandoci ad una fedele traduzione letterale.

Ciao


gparker ha detto...

Si in effetti è strano.
Neanche più le pessime traduzioni sono quelle di una volta...


saltino ha detto...

Mah mi sembri troppo severo, è un ottimo film. Non un capolavoro ma un ottimo, buon film...


gparker ha detto...

A me sembra più che altro sopravvalutato. Ripropone un po' tutte le caratteristiche del genere "film di formazione adolescenziale nel bronx" (anche se non è ambientato proprio nel bronx), senza mettere nulla di proprio.
Certo poi si vede che attinge molto dalla vita vissuta, e che c'è una partecipazione non comune dell'autore e questo lo riconosco. Ma questo non ne fa un ottimo film.
Semmai un buon film.


Anonimo ha detto...

A me il film è piaciuto molto mi domando cosa dovrebbe fare, secondo te, un giovane scrittore che esordisce nella regia più di quello che ha fatto Dito Montiel.

Il fatto che abbia avuto problemi con il padre, o che la sua vita sia simile a molte altre vite della perfieria di new York è il cosa, mentre io trovo molto interessante il come il tutto sia stato raccontato. Anche filmicamente parlando.

Il ragazzo ha talento e credo che se mai dovesse fare un secondo libro e quandi un secondo film, cosa che ho letto farà, avrà modo di dimostrarlo.

Senza dimenticare che dirigere attori non professionisti non è una cosa così facile come sembra.

Cin stima.

Rob.


gparker ha detto...

Secondo me il film non è brutto, è carino, lo trovo sopravvalutato.
Poi a mio parere è diretto in maniera molto ruffiana e di cose veramente buone ce ne sono poche e isolate.
Come ho detto molto del buono mi sembra dipenda dall'effettiva sincerità di un racconto che almeno parzialmente è autobiografico, per il resto però io non vedo tanto altro di esaltante.
C'è una storia dalle dinamiche abbastanza standard, nulla di particolarmente nuovo, ci sono dei personaggi in crisi con le figure paterne, ci sono i vecchi amici un po' tarpanti come tutto l'ambiente e i nuovi più liberi e aperti, c'è la dicotomia tra rimanere e andarsene e il ritorno malinconico.
L'unica cosa che mi era sembrata fresca erano i personaggi che si autopresentano, ma insomma poca cosa. Il resto molta musica e molto P.T. Anderson.
forse dovrei rigirarti la domanda e chiederti: Che c'è di così esaltante?


Anonimo ha detto...

Io non sarei così cattivo nei confronti delle sue capacità di regia, secondo me se le affina diventa uno davvero bravo.
La citazione truffautiana iniziale mi ha commosso. :D


gparker ha detto...

Non lo so a me è sembrato si adeguasse a tutte le regole del genere senza mettere nulla di proprio nella forma, ma solo nei contenuti.

François è il più grande.


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