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4.11.11

I soliti idioti (2011)
di Enrico Lando

Dalla trasmissione televisiva al film non cambia molto, come accade nelle più banali trasposizioni comiche da piccolo a grande schermo sostanzialmente si allungano le trame. Come invece accade meno spesso questa volta la serie di MTV riesce a trovare al cinema un corrispettivo anche quanto a divertimento.
Ma quello che l’arrivo al cinema di I soliti idioti conferma è un’altra e più cruciale caratteristica della serie e dei personaggi ideati da Mandelli e Biggio, ovvero la capacità di fare il lavoro determinante dei prodotti giovanili: segmentare il proprio pubblico di riferimento identificandolo non tanto per chi è quanto per chi non è.

Tutti i comici hanno una parte di pubblico che ride alle loro battute e una parte del pubblico che non ride, solo pochi sono odiati da chi non ride con loro. Questo capita a I soliti idioti.
Il duo comico infastidisce una parte del pubblico e questo fastidio è tanto più acuto quanto più è evidente l’apprezzamento da parte dell’altra metà della sala.
Senza il minimo appello ad una dimensione di satira politica (gli unici due accenni suonano stonati e abbastanza tristi) ma con la volontà di ritrarre esattamente il proprio pubblico (cosa quasi sconosciuta nell’intrattenimento italiano) la comicità di I soliti idioti risiede quasi tutta nei personaggi di Gianluca e Ruggero De Ceglie, padre e figlio diversi e in conflitto. La trovata non è certo originale (di padri scontenti dell’atteggiamento dei figli ce ne sono stati a palate) ma a differenza delle altre gag banali proposte dal duo, quelle della famiglia De Ceglie hanno una qualità gutturale tutta particolare.
Il padre conservatore e uomo di mondo all’antica che insulta oltre il demenziale un figlio sensibile, nerd e remissivo, raggiunge punte di tempismo comico e assurdità nonsense che li differenziano da tutto il resto degli sketch e nel caso specifico da tutto il resto del film. Siamo insomma lontani anni luce sia dalle ridicole velleità di attacco politico dietro le quali si nascondeva la comicità inerte di Qualunquemente (in cui la dinamica padre/figlio era la stessa), sia dall’acquietamento politicamente corretto di Checco Zalone, che insulta senza ferire. I soliti idioti non vuole piacere a tutti, mai e in nessun momento.

La volgarità ripetuta, violenta ed ostentata è infatti quello che provoca il fastidio maggiore in chi odia il duo e al tempo stesso ciò che esalta chi ride con loro.
E proprio l’odio basato sulla più respingente delle qualità a dimostrare la centralità di una comicità simile. I soliti idioti è infatti uno dei pochissimi casi (l’unico in tempi recenti) in cui MTV Italia ha fatto il lavoro di MTV, ovvero dare al proprio pubblico di riferimento qualcosa che piaccia a loro e sia odiato dagli altri, qualcosa che li differenzi (ulteriormente) dal resto delle persone. Coerente in questo senso che l’idea venga da Mandelli che nella rete ha cominciato a lavorare diciottenne nel 1997, anno di nascita del canale italiano (dopo circa quattro anni di ospitalità presso Tele+ 3).
Come il metal o come il punk anche I soliti idioti vuole fare schifo a qualcuno, e l’arma attraverso la quale mette in pratica il suo proposito è la ripetizione ostentata di insulti e volgarità a profusione, volgarità assolutamente innocue (è proprio la continua ripetizione a svuotarle del senso comune) che urticano solo chi fa dell’esigenza di non essere volgari un principio. Senza la vacuità di tanti comici che ugualmente cercano l’eccesso di continuo ma con la capacità di cogliere la dimensione romanesca di pura demenzialità dell’insulto (la stessa cosa che faceva Sordi con i suoi attacchi iperbolici) e soprattutto con una qualità immediata di risata di pancia, I soliti idioti è l’unico autentico prodotto giovanile visto in Italia negli ultimi anni.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

l’unico autentico prodotto giovanile visto in Italia negli ultimi anni...
CAPIRAI, STAMO A POSTO...


Humor Risk ha detto...

Quello che penso è: se dovessi scegliere un corrispettivo straniero direi Little Britain, ma li la comicità, cattiva, cinica e anche violenta è allo stesso tempo sofisticata, cosa che con i due qui sopra non accade praticamente mai. Fare una cosa per il proprio pubblico, non vuol dire secondo me essere come il pubblico. Altrimenti l'autore non serve a nulla. Basterebbe lo spettatore.


rick ha detto...

Sono ovviamente le volgarità innocue ad avermi fatto ridere fino alle lacrime...
Trovo interessante l'intermezzo tra una scena e l'altra del postino, che sembra avere la stessa funzione dello scoiattolo dell'era glaciale, interrompere il flusso del film e ristabilire una sorta di tranquillità strappandoti un semplice sorriso. Invece troppo lunghe le scene degli omosessuali e della coppia borghese che, sebbene azzeccato lo spunto iniziale della partecipazione al matrimonio per legare le storie, si perdono in loro stesse... che ne pensi? ciao


Anonimo ha detto...

anche io avevo pensato a Little Britain, ma indubbiamente è tutt'altra storia.

detto ciò: prodotto giovanile?
nel mio ufficio di ingegneri settore eolico (sebbene non attempati) è un continuo "GIANLUCA, DAICAZZO!!"

Paolo


gparker ha detto...

Credo che il paragone con Little Britain regga solo fino ad un certo punto anche per quello che dici tu. Lo imitano nella struttura (segmenti brevi e centrati su scenette di vita pseudoquotidiana), poi però il tono non è cinico, o meglio lo è solo nel segmento Father & Son, il resto è più caricaturale.
Il film poi è più una cosa da Tre uomini e una gamba, un viaggio che consente ai personaggi di affrontare scenari diversi e quindi dà un senso logico ai diversi sketch.

Comunque anche io ho trovato un po' fuori posto e stonato l'inserimento degli altri personaggio. Suona forzatissimo.


Anonimo ha detto...

Ma tu sei tra quelli che lo amano o tra quelli che lo disprezzano? Io devo dire che in tv mi fanno ridere parecchio, soprattutto alcuni sketch particolari. Però non saprei, sono un po' scettica sul passaggio cinematografico.

Ale55andra


gparker ha detto...

a me hanno fatto ridere in entrambi i mezzi


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