La provincia italiana è uno scenario un po' abusato ma sempre valevole, personalmente non penso sia un universo i cui significati si sono esauriti, anzi, credo che in fondo essendo una realtà molto vera e presente dell'Italia offra sempre nuovi spunti.
Detto questo non credo che La Giusta Distanza, sia un buon esempio di nuovi spunti. Il Nord Est di Mazzacurati è tenero e provinciale, divertente e melanconico, oltrechè microcosmo affettivo e protettivo da cui fuggire, una visione che replica le cose migliori di Amarcord (su tutto la scena della maestra impazzita sul barcone alla deriva), Il Ciclone (la presenza affettiva e significativa dello scemo del villaggio e l'elemento estraneo che arriva a turbare gli equilibri), il cinema di Virzì (voce fuoricampo e uso espressionista del dialetto) e tutto quanto si sia occupato con successo di provincia.
In questo scenario che proprio non è il massimo dell'originalità si instaura una storia di passione e di integrazione razziale/religiosa tra un'italiana e un tunisino (se non sbaglio, ma potrebbe anche essere marocchino, ammetto di non ricordare bene), all'interno della quale La Giusta Distanza è il distacco che un giovane del luogo, che aspira a fare il giornalista, dovrebbe tenere dai fatti per poterli riportare con efficacia, ma sarà proprio non tenendola che riuscirà là dove tutti hanno fallito.
A parte che il principio della giusta distanza dai fatti è sacrosanto (ma queste sono posizioni ideologiche), la cosa molto fastidiosa della trama è come si ribadisca la trita morale dei diversi che in realtà sono buonissimi, mentre le cose peggiori vengono proprio da chi sembra più normale. Proprio pensiero alternativo da quattro soldi.
Nonostante le molte critiche alla fine non si può però non dire che il film si lasci guardare, ma per la visione molto micro e l'approccio francamente poco cinematografico, mi ha fatto più pensare ad un prodotto televisivo che altro.
Senza nulla togliere alla produzione per la tv, mi sembra che La Giusta Distanza potesse essere una bellissima fiction piuttosto che un brutto film.
Detto questo non credo che La Giusta Distanza, sia un buon esempio di nuovi spunti. Il Nord Est di Mazzacurati è tenero e provinciale, divertente e melanconico, oltrechè microcosmo affettivo e protettivo da cui fuggire, una visione che replica le cose migliori di Amarcord (su tutto la scena della maestra impazzita sul barcone alla deriva), Il Ciclone (la presenza affettiva e significativa dello scemo del villaggio e l'elemento estraneo che arriva a turbare gli equilibri), il cinema di Virzì (voce fuoricampo e uso espressionista del dialetto) e tutto quanto si sia occupato con successo di provincia.
In questo scenario che proprio non è il massimo dell'originalità si instaura una storia di passione e di integrazione razziale/religiosa tra un'italiana e un tunisino (se non sbaglio, ma potrebbe anche essere marocchino, ammetto di non ricordare bene), all'interno della quale La Giusta Distanza è il distacco che un giovane del luogo, che aspira a fare il giornalista, dovrebbe tenere dai fatti per poterli riportare con efficacia, ma sarà proprio non tenendola che riuscirà là dove tutti hanno fallito.
A parte che il principio della giusta distanza dai fatti è sacrosanto (ma queste sono posizioni ideologiche), la cosa molto fastidiosa della trama è come si ribadisca la trita morale dei diversi che in realtà sono buonissimi, mentre le cose peggiori vengono proprio da chi sembra più normale. Proprio pensiero alternativo da quattro soldi.
Nonostante le molte critiche alla fine non si può però non dire che il film si lasci guardare, ma per la visione molto micro e l'approccio francamente poco cinematografico, mi ha fatto più pensare ad un prodotto televisivo che altro.
Senza nulla togliere alla produzione per la tv, mi sembra che La Giusta Distanza potesse essere una bellissima fiction piuttosto che un brutto film.
2 commenti:
Concordo pienamente con il tuo giudizio su questo film,come se l'avessi scritto io, e anche su Hafez.Ritengo invece più di un polpettone Elizabeth :a parte i pregi formali e le stupende voci di Blanchett e Owen, finora non si era mai visto un film cosi' profondo sulla personalità della regina vergine. Ho trovato terribile invece il film greco-canadese:lagnoso, con troppi bei panorama,con dialoghi stucchevoli.Con Coppola ci andrei piu cauto, abbisogna di ulteriori visioni.Ti consiglio MONGOL, mentre CAOTICA ANA è una stramba metafora sulle civiltà, con shitting finale, non so dire se mi sia piaciuto o no-ALP
Caotica Ana l'ho visto anche io, ora lo posto, ma non mi è proprio piaciuto...
Mongol cerco di vederlo, e da par mio ti consiglio la roba di EXTRA ormai ne ho visti parecchi e la qualità media è altissima.
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