La prima cosa che salta all'occhio vedendo Mangia Prega Ama è come tutti gli elementi del film sembrino convogliare verso l'autoassoluzione mediata dalla stilizzazione.
Nell'adattare l'omonimo libro Ryan Murphy (che di stilizzazione se ne intende avendo scritto e diretto sia Nip & Tuck che Glee) decide di creare intorno al racconto di passione e rinascita della protagonista un universo visivo acquietante e rilassante, come le oleografie. Filtrando il suo ritratto con i controluce di Robert Richardson, utilizzando ampi e ariosi dolly, panoramiche dall'elicottero e inquadrature fisse che sembrano piccoli quadretti dalla mirabile composizione, proietta la protagonista (e i suoi sentimenti) in un universo delicato e calligrafico che ne esalta la banalità. Tutto il contrario delle sue serie televisive.
L'idea sarebbe di mostrare un percorso di elevazione e comprensione di se stessi attraverso la conoscenza di altri luoghi e altri posti. Arrivare ad uno stile di vita e un'accettazione di sè superiori ed equilibrati rifiutando la vita di città come modello sentimentale, per abbracciare invece le filosofie spirituali e materiali considerate esotiche. In questo senso il viaggio gaudente in Italia (una mezz'oretta così densa di stereotipi esasperati da essere quasi veritiera e settare di fatto un nuovo standard in materia), quello mistico in India e infine quello equilibrato e conclusivo a Bali.
Realizzato senza nascondere in nessun momento come il target di riferimento sia assolutamente femminile (nonostante a quest'affermazione Murphy abbia commentato "Che stronzata!", giuro!), Mangia Prega Ama cerca di raccontare il mito del raggiungimento di un equilibrio che sia innanzitutto sentimentale e che passi attraverso l'accettazione di se stessa, allo stesso modo in cui nei romanzetti Harmony si raccontano gli intrecci amorosi, mettendo cioè in scena situazioni già note, in contesti di sicura presa e puntando sull'identificazione (sempre positiva) con la protagonista.
Mangia Prega Ama sembra dire in ogni momento: "Ce la puoi fare anche tu, non è difficile" ma lo fa mostrando una visione idealizzata e americanocentrica della realtà e spacciandola per complessa e sfaccettata.
Nell'adattare l'omonimo libro Ryan Murphy (che di stilizzazione se ne intende avendo scritto e diretto sia Nip & Tuck che Glee) decide di creare intorno al racconto di passione e rinascita della protagonista un universo visivo acquietante e rilassante, come le oleografie. Filtrando il suo ritratto con i controluce di Robert Richardson, utilizzando ampi e ariosi dolly, panoramiche dall'elicottero e inquadrature fisse che sembrano piccoli quadretti dalla mirabile composizione, proietta la protagonista (e i suoi sentimenti) in un universo delicato e calligrafico che ne esalta la banalità. Tutto il contrario delle sue serie televisive.
L'idea sarebbe di mostrare un percorso di elevazione e comprensione di se stessi attraverso la conoscenza di altri luoghi e altri posti. Arrivare ad uno stile di vita e un'accettazione di sè superiori ed equilibrati rifiutando la vita di città come modello sentimentale, per abbracciare invece le filosofie spirituali e materiali considerate esotiche. In questo senso il viaggio gaudente in Italia (una mezz'oretta così densa di stereotipi esasperati da essere quasi veritiera e settare di fatto un nuovo standard in materia), quello mistico in India e infine quello equilibrato e conclusivo a Bali.
Realizzato senza nascondere in nessun momento come il target di riferimento sia assolutamente femminile (nonostante a quest'affermazione Murphy abbia commentato "Che stronzata!", giuro!), Mangia Prega Ama cerca di raccontare il mito del raggiungimento di un equilibrio che sia innanzitutto sentimentale e che passi attraverso l'accettazione di se stessa, allo stesso modo in cui nei romanzetti Harmony si raccontano gli intrecci amorosi, mettendo cioè in scena situazioni già note, in contesti di sicura presa e puntando sull'identificazione (sempre positiva) con la protagonista.
Mangia Prega Ama sembra dire in ogni momento: "Ce la puoi fare anche tu, non è difficile" ma lo fa mostrando una visione idealizzata e americanocentrica della realtà e spacciandola per complessa e sfaccettata.
8 commenti:
E io che ci speravo...Murphy, poi Bardem...insomma...
Ale55andra
si però Julia Roberts con i lucciconi dall'inizio alla fine...
l'hai nobilitato sin troppo con quest'analisi raffinata, per me è solo una stronzata, ovvia al cubo, e inspiegabilmente lunga ( assurdamente la parte romana è la meno peggio).Julia è sempre Julia non altrettando si puo dire di Xavier, si vede lontano un km che non ci crede
Si doveva essere un Mercenari per donne, intrattenimento basico che suscita le reazioni più immediate e facili nel pubblico di riferimento ma con un po' di gusto, e invece esagera e sgrava in ogni momento.
Ma lo sai che PARE che il personaggio del tizio italiano per cui lei prende una cotta (non ho visto il film, mi hanno raccontato) sia stato ispirato all'autrice del libro da un mio ex compagno di scuola?????
Queste sono piccole chicche per intenditori ... =)
FLAVIA.
ma chi? Spaghetti?
Non ho visto il film, quindi non lo so ... So che l'autrice del libro ha detto che questo mio ex compagno di scuola (liceo) era un tipo con cui si scambiava mails dagli USA (incontrato su un sito di "pen pal" internazionali) e che poi lo ha incontrato in Italia. A lei lui piaceva molto, ma non voleva fare il primo passo quindi ... E mi hanno detto che nel film c'è un personaggio molto ispirato a lui (che ha fatto la comparsa nella scena in cui Julia Roberts mangia in una pizzeria)...
FLAVIA.
che conoscenze altolocate che hai...
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