Il cinema semplifica la realtà per indagarla, gli americani semplificano il cinema per proporre la propria realtà. Per questo un film che legga il presente realizzato ad Hollywood è quasi sempre una delusione.
W. tenta un'impresa incredibilmente difficile (molto più audace e dichiarata del nostro Caimano ma non ai livelli di semidocumentarismo di Aprile) con uno spirito che in fondo non è troppo lontano dal Divo. La lettura della contemporaneità anche per Stone passa spesso attraverso il grottesco (qui infinitamente meno sottolineato che nel film di Sorrentino) e chi non ama George W. Bush troverà un ritratto in linea con le proprie aspettative condito di ironia e molta plausibilità.
Ma se il realismo dell'esito è un punto interrogativo vero (dipingere il presidente degli Stati Uniti come il compagno delle medie coglione e fascistello è un po' semplicistico ma se si pensa a cosa farebbe quel compagno se fosse presidente...) non lo è l'idea di cinema di Oliver Stone, qui più forte che mai.
In W. realizza il ritratto di un vivente, un uomo importante e influente, scegliendo la strada della partecipazione smaccata. Pur non approvando, Stone si cala forzatamente nei suoi panni per generare compassione prima che disapprovazione. Il suo Bush Jr. è un uomo che crede nel cinema, crede che ciò che ha visto al cinema per una vita sia vero, è un uomo in buonissima fede seriamente convinto che il bene trionfi sul male. Ed ovviamente è convinto di essere il bene.
Stone non si nasconde dietro un dito e distribuisce le colpe. Bush è da compatire ed è solo assurdo che sia finito lì, Dick Cheney è il male, Colin Powell è un povero Cristo che aveva capito quando fermarsi, Donald Rumsfeld è un invasato e Karl Rove un abile manipolatore. Tutti gli girano intorno e lo usano facendogli intendere di essere il capo che fa il bene della nazione.
E' semplicistico. Ma il modo con cui Stone filma tutto questo: il già detto grottesco, l'amore per i dettagli in grado di spiegare un mondo (pannocchie schiacciate, fibbie giganti...) e le continue deviazioni oniriche (un po' pesanti a dire il vero) sono alla fine convincenti se non a livello di contenuto a livello di forma.
Può non essere il ritratto effettivo dell'ormai ex-presidente degli USA, ma è uno splendido ritratto.
W. tenta un'impresa incredibilmente difficile (molto più audace e dichiarata del nostro Caimano ma non ai livelli di semidocumentarismo di Aprile) con uno spirito che in fondo non è troppo lontano dal Divo. La lettura della contemporaneità anche per Stone passa spesso attraverso il grottesco (qui infinitamente meno sottolineato che nel film di Sorrentino) e chi non ama George W. Bush troverà un ritratto in linea con le proprie aspettative condito di ironia e molta plausibilità.
Ma se il realismo dell'esito è un punto interrogativo vero (dipingere il presidente degli Stati Uniti come il compagno delle medie coglione e fascistello è un po' semplicistico ma se si pensa a cosa farebbe quel compagno se fosse presidente...) non lo è l'idea di cinema di Oliver Stone, qui più forte che mai.
In W. realizza il ritratto di un vivente, un uomo importante e influente, scegliendo la strada della partecipazione smaccata. Pur non approvando, Stone si cala forzatamente nei suoi panni per generare compassione prima che disapprovazione. Il suo Bush Jr. è un uomo che crede nel cinema, crede che ciò che ha visto al cinema per una vita sia vero, è un uomo in buonissima fede seriamente convinto che il bene trionfi sul male. Ed ovviamente è convinto di essere il bene.
Stone non si nasconde dietro un dito e distribuisce le colpe. Bush è da compatire ed è solo assurdo che sia finito lì, Dick Cheney è il male, Colin Powell è un povero Cristo che aveva capito quando fermarsi, Donald Rumsfeld è un invasato e Karl Rove un abile manipolatore. Tutti gli girano intorno e lo usano facendogli intendere di essere il capo che fa il bene della nazione.
E' semplicistico. Ma il modo con cui Stone filma tutto questo: il già detto grottesco, l'amore per i dettagli in grado di spiegare un mondo (pannocchie schiacciate, fibbie giganti...) e le continue deviazioni oniriche (un po' pesanti a dire il vero) sono alla fine convincenti se non a livello di contenuto a livello di forma.
Può non essere il ritratto effettivo dell'ormai ex-presidente degli USA, ma è uno splendido ritratto.
16 commenti:
ma non te faceva schifo oliver stone?
a parte che pure che mi facesse schifo comunque nulla mi impediva di apprezzare W., comunque non mi fa schifo, non mi piace la sua roba recente.
pensa che per me è la migliore...
la migliore non lo so franco..ma certo non la trovo scadente...questo poi lo voglio vedere a tutti i costi
io dico la verità degli anni ottanta ho amato solo Platoon.
Ah Alexander fa schifo. E pure World Trade Center. Ma Any Given Sunday, The Doors, U Turn e Natural Born Killers (su cui deo riflettere) sono ottimi.
Ogni Maledetta Domenica è un capolavoro.
Concordo con compatto 2 (!?!)
Ogni maledetta domenica è inprescindibile....
"brutto stronzo! Io non li subisco gli infarti, io li procuro!"
Natural Born Killers è spazzatura. Comunque a me Stone non piace ma delle capacità le ha: ad esempio anche Alexander è un film bruttino, ma la prima grande scena di battaglia è bellissima.
Mi spiace Thomas, per me spazzatura è Alexander.
Quindi merita, avevo paura sinceramente per questo film e un pò ancora ne ho. Comunque staremo a vedere...
Ale55andra
si secondo me è obiettivamente interessante
A me è parso semplicistico a livello di interpretazione dei fatti, come dicevi tu. E questo tu glielo passi, ma io no, perché se c'è una cosa che pretendo da qualcosa di artistico è la capacità di mostrare una realtà stratificata, complessa, quale che sia. Invece qui tutto gira intorno a questo caricaturale rapporto edipico, tutto ritorna sempre lì, per due ore buone.
Ma non solo. Anche a livello di tono mi è sembrato indeciso, profondamente insicuro e titubante su quale strada prendere. Ok, sta a metà tra condanna e partecipazione, ma non mi sembra che la sua strada in bilico sia una scelta, ma piuttosto un'indecisione di fondo. Forse perché era troppo scottante scegliere una strada unica da imboccare con convinzione, qualsiasi fosse, allora palleggia le varie possibilità, ma se alla fine il ritratto è quello di un "compagno delle medie coglione e fascistello", che sbaglia i congiuntivi e ha una sbandata per la religione, se ogni cosa deve essere sfiorata solo in superficie, anzi quasi solo nominata, come se tutto stesse nel nominare le cose per farle esistere, allora mi chiedo che senso abbia questo "splendido ritratto".
E i dettagli formali che tu esalti mi son sembrati ben poca cosa, e quel poco neanche grandioso ma al massimo passabile. Le scene oniriche sono imbarazzanti, dai, e poi gli esponenti del vero impero del male (Cheney e co) che mangiano la torta indisturbati mentre si scopre l'inesistenza delle armi di distruzione di massa, ma anche le fibbie e i cappelloni... Sono metafore gridate, estenuate e anche scontate, in realtà.
Se nel film ci fosse altro, potrei anche starci, ma se è tutto qui, davvero, mi rimane un film di cui mi dimenticherò nel giro di qualche giorno.
Sull'opportunità di fare ora un film del genere si può discutere ma sul non sbilanciarsi troppo e fare un film "titubante" è una cosa che mi sembra normale per un'opera che vuole leggere la contemporaneità.
Si, le scene oniriche sono orrende, ma continuo a ritenere che sia un bel ritratto umano. Non parlo di capolavoro ma di film che vale la pena di vedere e che può dare qualcosa.
Lo danno giovedi sera su Cult-TV, canale 319 di Sky. Merita moltissimo, super interpretazione di Josh Brolin.
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