Carlo Verdone è probabilmente il comico italiano più rivoluzionario degli ultimi 30 anni. Portatore di una comicità estremamente personale che rompe con la tradizione italiana degli attori e la unisce con quella degli sceneggiatori (sebbene faccia anch'egli uso pesante del dialetto), lavora da sempre non sulla battuta o sulla gag ma sulle situazioni, affronta cioè i "personaggi" da un punto di vista globale e non particolare. Non ci sono frasi ad effetto nei film di Verdone che non siano divertenti solo a patto di essere inserite nel flusso del dialogo o degli eventi, più che un umorismo di situazione il suo è un umorismo di messa in scena. Pur non eccellendo in inventiva registica i suoi film ironizzano proponendo situazioni e scrivendo personaggi che non vivono di one line ma di atteggiamenti, modi di essere e reazioni.
Negli ultimi tempi il suo cinema aveva preso la piega peggiore. Sempre meno capace di inscenare quadri così ficcanti da essere esilaranti, aveva ripiegato, come capita ai nostri cineasti che superano una certa età e una certa fama, su scenette altoborghesi, applicando il suo filtro grottesco e malinconico a situazioni e idee stantie. In più la rottura con Cecchi Gori lo ha portato ad un pellegrinaggio di produzione in produzione fino ad approdare (ahimè) alla Filmauro, la quale ha notevolemente peggiorato la qualità tecnica dei suoi film. Scenari ridicoli, fotografia inesistente, montaggio in costante ritardo sulle aspettative dello spettatore e soluzioni visive da film di Massimo Boldi. Un'agonia.
Posti in piedi in paradiso lotta con tutte le sue forze contro questa tendenza. Interessato finalmente a situazioni estreme e basse (inevitabilmente le più esilaranti), il film ritrova la migliore verve verdoniana. La paradossale situazione di tre cinquantenni che vivono insieme come ragazzini (e come tali si comportano) presta il fianco a molte trovate di sceneggiatura e riesce a dire più cose degli ultimi 10 film prodotti da Verdone messi insieme.
Sebbene permanga una sciatteria tecnica ingiustificabile (solo la soluzione del flashback è da Kiss Me Licia!) è indiscutibile che stavolta Carlo Verdone sia riuscito a raggiungere l'obiettivo dei suoi exploit migliori: parlare del male di vivere e di quanto tutto questo porti gli uomini ad essere più ridicoli di quanto non siano già.
Caratteristica inusuale per il suo cinema Posti in piedi in paradiso si autocita con piacere. Dai vestiti regimental di Giallini che ricordano quelli di Finocchiaro di Compagni di scuola, al cane Buk (di una famosa comica televisiva), ai cimeli del rock di Maledetto il giorno che t'ho incontrato fino al suo evergreen ovvero il momento d'intimità il cui erotismo è funestato dall'inadeguatezza personale.
9 commenti:
Il film è stato ampiamente pubblicizzato e quindi ho visto molti spezzoni. Sbaglio o Giallini scivola spesso e volentieri su Bombolo?
No è davvero più simile a Finocchiaro. I trailer sono un po' ingannevoli e (io do sempre la colpa alla Filmauro) sono fatti per farlo sembrare peggiore di come sia, meno complesso e più scontato.
Lo immaginavo che erano i trailer a "pescare" in modo ingannevole. Anche perché lui l'avevo visto in Io, loro e Lara e mi era sembrato un buon caratterista... non uno che ha troppo bisogno di copiare.
Per me la sua vetta e' "maledetto il giorno che t'ho incontrato" . Se e' bello la meta', corro a vederlo.
Beh si, almeno la metà direi di si.
tanto è brutto a vedersi (pare di stare dentro "i ragazzi della terza C"), ma tanto fa ridere, che ti dici che la sceneggiatura è geniale!
ma da cosa dipende tanta sciatteria nella messa in scena? può essere che uno esperto e amante di cinema come verdone non rabbrividisca nel rivedere i propri girati?
paolo
io ho notato un netto calo con il cambio di società di produzione. Come mai verdone non faccia qualcosa è un mistero anche per me
non per dire niente ma dopo il primo quarto d'ora il film non si può proprio più vedere...
No dai, sei troppo duro. Nonostante diverse cadute di stile è molto bilanciato fino alla fine.
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