Il nuovo film di Luca Guadagnino era passato a Venezia nella sezione Orizzonti, alcuni l'avevano visto e quasi tutti ne avevano parlato bene. Quello che avevano tralasciato di specificare è che è fenomenale.
Si racconta di una famiglia di altissimo livello economico, i Recchi, magnati di non è chiaro quale settore, comunque titolari di un'azienda gigante a gestione familiare con ramificazioni in altri stati. I Recchi vivono tutti in un unico palazzo al centro di Milano, una casa d'altri tempi e del resto loro stessi sono una famiglia d'altri tempi, raccontata con toni d'altri tempi, tanto che fino alla comparsa della prima automobile si fa fatica a capire quando sia ambientata la storia.
La trama ripropone il mito della donna sofisticata che riscopre il lato passionale della propria vita attraverso la conoscenza di un uomo rude ma raffinato, ma non è su quello che si misura la forza di un film come Io sono l'amore. Guadagnino in ogni momento cerca percorsi diversi dal solito, procede per sineddoche concentrandosi sui particolari e ammassa temi diversi (tradizione, modernità, esterofilia, omosessualità, conservatorismo ecc. ecc.) cercando un linguaggio cinematografico altissimo e al tempo stesso fondato su presupposti narrativi commerciali (il climax, l'intreccio forte, i segreti che si svelano).
Scandito in tre capitoli (Milano, Londra, Sanremo) il percorso di liberazione della protagonista dalla gabbia che aveva costruito per sè è anche un percorso nella sensorialità di paesaggi naturali contrapposti alle città e pietanze raffinate.
Soprattutto Io sono l'amore fa continuamente quello che non ti aspetti, affronta gli eventi e i personaggi con un taglio inaspettato e una vena melodrammatica che non stona nemmeno nel grande crescendo finale, quando la musica sempre più imponente arriva a sovrastare le parole. Ma va bene così.
Ne esce un film di dettagli, girato vicinissimo agli attori (Tilda Swinton produce anche)e fondato su particolari rivelatori, capelli raccolti, pietanze che comunicano come fanno i corpi di La promessa dell'assassino e pensieri che prendono forma come in un film di Lynch. Verrebbe da dire che c'è troppa carne al fuoco per un solo film se non fosse che tutta questa carne poi è gestita con pugno fermo e rigore per non risultare indigesta. E non lo risulta.
Si racconta di una famiglia di altissimo livello economico, i Recchi, magnati di non è chiaro quale settore, comunque titolari di un'azienda gigante a gestione familiare con ramificazioni in altri stati. I Recchi vivono tutti in un unico palazzo al centro di Milano, una casa d'altri tempi e del resto loro stessi sono una famiglia d'altri tempi, raccontata con toni d'altri tempi, tanto che fino alla comparsa della prima automobile si fa fatica a capire quando sia ambientata la storia.
La trama ripropone il mito della donna sofisticata che riscopre il lato passionale della propria vita attraverso la conoscenza di un uomo rude ma raffinato, ma non è su quello che si misura la forza di un film come Io sono l'amore. Guadagnino in ogni momento cerca percorsi diversi dal solito, procede per sineddoche concentrandosi sui particolari e ammassa temi diversi (tradizione, modernità, esterofilia, omosessualità, conservatorismo ecc. ecc.) cercando un linguaggio cinematografico altissimo e al tempo stesso fondato su presupposti narrativi commerciali (il climax, l'intreccio forte, i segreti che si svelano).
Scandito in tre capitoli (Milano, Londra, Sanremo) il percorso di liberazione della protagonista dalla gabbia che aveva costruito per sè è anche un percorso nella sensorialità di paesaggi naturali contrapposti alle città e pietanze raffinate.
Soprattutto Io sono l'amore fa continuamente quello che non ti aspetti, affronta gli eventi e i personaggi con un taglio inaspettato e una vena melodrammatica che non stona nemmeno nel grande crescendo finale, quando la musica sempre più imponente arriva a sovrastare le parole. Ma va bene così.
Ne esce un film di dettagli, girato vicinissimo agli attori (Tilda Swinton produce anche)e fondato su particolari rivelatori, capelli raccolti, pietanze che comunicano come fanno i corpi di La promessa dell'assassino e pensieri che prendono forma come in un film di Lynch. Verrebbe da dire che c'è troppa carne al fuoco per un solo film se non fosse che tutta questa carne poi è gestita con pugno fermo e rigore per non risultare indigesta. E non lo risulta.
7 commenti:
Nel trailer c'è un commento di qualche tuo collegha che sottolinea come nel film ci siano momenti di alta "Epica erotica".....cioè? si accoppiano con i costumi di scena di Percy Jackson ecc ecc?
Non sono collega di Natalia Aspesi.
Ad ogni modo credo si riferisco al modo in cui tratta le scene erotiche.
La traduzione corretta credo sia: "Ci sta la musica sotto che monta".
Madonna Santa ma come ho scritto collega????
eccomi. vene come previsto sono andata al cinema a vedere qs film. e tu sei il responsabile. Allora: 1)concordo con natalia aspesi sulle scene erotiche carichissime e molto evocative; 2) l'azienda di famglia e' tessile come dicono all'inizio del film e mi sorprende ke tu non l'abbia colto; 3) il film e' si' fenomenale ma soltanto dal punto di vista estetico. la trama e i personaggi sono appena accennati (a parte la swinton) e il tutto si risolve con una facilità ridicola. mi ha ricordato per molti aspetti il danno di louis malle per l'ansia, l'epilogo, il senso di colpa del gentiore nei confronti del figlio, il desiderio irrefrenabile tra i due amanti e le atmosfere (li' inglesi) sempre perfette eleganti alto (issimo) borghesi. Bella la trasformazione della swinton da milanese ricca e altolocata a badante russa... scene top lui (personaggio completamnete privo di spessore) che spoglia lei e la governante (bravissima)che la spoglia e la veste alla fine. 10 e lode alla regia alla fotografia e alle ambientazioni (ma che casa e'???). 5 alla sceneggiatura e 5 ai personaggi mediocremente descritti. Buona Pasqua
Non avevo notato il dettaglio del tessile mentre il palazzo è una casa molto famosa di milano, di cui ovviamente ora non ricordo il nome.
La storia sì è sempre quella però che racconto! E secondo me un racconto fenomenale rientra nei pregi di sceneggiatura.
Buona pastiera
Questo film ha dell'incredibile.
Grande flop in Italia, successo clamoroso negli Stati Uniti.
Personalmente l'ho visto a Venezia e sono uscito dalla sala alquanto perplesso, ben girato, ma lento e troppo retto dalla sola Tilda Swinton (bravissima).
Comunque non ho mai sentito tanti fischi come alla fine della proiezione di Io sono l'Amore!
io molto stupidamente lo persi a Venezia e mi erano già giunte voci di questi fischi. Follia pura. Io sono l'amore è uno dei film più moderni e sconcertanti degli ultimi anni, che ti dà cose di cui non sai di avere bisogno.
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