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16.9.11

Shame (id., 2011)
di Steve McQueen

CONCORSO
MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 2011

La prima cosa che risulta evidente vedendo Shame è la sua natura ibrida di film controllatissimo ed austero ma contemporaneamente anche molto sbilanciato verso temi e toni di grande appeal per il pubblico. La storia di un erotomane che nasconde traumi nel suo passato non ha uno svolgimento canonico, non passa attraverso rotture di equilibri o conquiste ma si espande orizzontalmente in tutte le direzioni come un liquido. In questo sta il pregio e il rischio maggiore del film. 
La vita distaccata, fredda e colma di un sesso cercato solo se a pagamento, altrimenti accettato quasi passivamente, del protagonista contamina ogni ambito del racconto con la vergogna del titolo. L'erotomania è prima mostrata come una malattia (verso la quale si ha ben poca empatia) e successivamente come un trauma.

E' abbastanza scontato dirlo, specie dopo l'assegnazione della Coppa Volpi, ma è Fassbender il paesaggio sul quale si gioca gran parte della forza del film. McQueen lo prevede quasi in ogni inquadratura e quando non lo fa (la lunga canzone cantata dalla sorella) è solo per dare più forza alla prossimo momento in cui tornerà in scena. L'idea è di lavorare per sottrazione e con il corpo quasi per tutto il film, non solo i molti amplessi filmati, ma anche le botte o la corsa ripresa a figura intera (bellissima di una bellezza tutta misteriosa).
In ogni caso l'attore recita con espressioni che oscillano tra l'impassibile e il vagamente preoccupato.  Solo nel finale ci sarà un'esplosione d'espressività che fa il paio con il tentativo di una svolta nella vita. McQueen e Fassbender scommettono che solo pochi momenti saranno sufficienti e hanno ragione. Il misto di dolore, frustrazione, rabbia, eccitazione, disperazione e solitudine che l'attore mostra nell'amplesso a tre è qualcosa di raramente visto.

La cosa meno forte di Shame invece è come per gran parte del film arranchi nel tentativo di preparare i momenti più emotivi (il rimorchio in metropolitana, uno straordinario esempio di sfacciata inibizione) che devono stridere con il tanto sesso a pagamento o disimpegnato che viene mostrato senza nessuna partecipazione, senza nessuna eccitazione. Spesso il film si perde in lungaggini, spesso manca di interesse o non riesce ad andare a fondo quanto dovrebbe, cosa evidente in particolar modo nelle interazioni tra i due fratelli. Cosa volesse fare davvero McQueen alla fine dunque non è chiarissimo, rimane solo un ritratto di un personaggio molto intenso nella sua banalità.

7 commenti:

Gegenschlag ha detto...

sono d'accordo, per quanto valga... Oscilla fra banalità e provocazione, ma comunque ne vale la pena.
Bellissima, la lunga scena in metro alternata dai flashback della "discesa agli inferi" del protagonista con una musica ossessiva e avvolgente e degli stacchi da videoarte.
La stessa città è cupa, canalare, ripresa solo negli afratti umidi e oscuri, insomma anche NY è genitale in questo film

Per il pubblico femminile Fassbender vale sicuro il prezzo del biglietto.

Proposta:

lanciamo una moratoria contro le variazioni di goldeberg nei film? non è possibile che praticamente ogni film con velleità autoriali faccia inevitabilmente questa scelta.


gparker ha detto...

io allargherei e imporrei a tutti 5 anni senza poter usare musica classica già usata in almeno altri 3 film. E' impensabile dover sentire SEMPRE le stesse cose. Non è nemmeno una questione di amore per la classica, quanto di impoverimento semantico di brani che sono associati a qualsiasi cosa!


vinz ha detto...

Io allargherei la moratoria alle carrellate laterali su uno che corre. Con detenzione anche, se la carrellata e' abbinata a musica molto significativa.
Carax in "rosso sangue" ha detto quello che c'era da dire in proposito, nell'86. Perfino Allen non puo' piu' permetterselo.
(la tua moratoria in questo caso non varrebbe, gparker: io almeno, non ho memoria dell'uso del preludio 10 del clav. ben temp.) :-)


gparker ha detto...

non sono sicurissimo di voler lanciare quella contro le carrellate laterali su corse eh.... tengo più alla mozione contro la classica abusata


el señor dionigi ha detto...

mah, mi è sembrato un sofia coppola vuoto e inconcludente che ogni tanto si assentava per andare in bagno e interveniva larry clark per metterci qualche porcata in mezzo...
rimane il mitico dialogo a cena con la collega che gli piace, classica messa in scena del suggerimento principe per rimorchiare, "stai zitto e falle parlare" (senza che sia necessario ascoltare), oltre che duro colpo su tutte le velleità da sommelier dell'italiano medio


el señor dionigi ha detto...

mah, a me è sembrato un film (vuoto e inconcludente) girato da sofia coppola, che mentre lei si assentava per andare in bagno prendeva la regia in mano larry clark e ci aggiungeva qualche porcata mista...

il personaggio della sorella visto e rivisto e ancora rivisto. scontata, troppo facile, l'ambientazione a new york (per quanto sia genitale, alle volte rendeva il film un remake di american psycho). anche fassbender non mi ha molto convinto, è geniale quando rimorchia la ragazza al bancone all'inizio e soprattutto quando invita la collega a cena, ricordando a tutti noi due sane verità: per portare una ragazza a letto devi sempre sembrare più scemo di quanto sei, possibilimente stando zitto, e poi che i vini sono tutti uguali.


gparker ha detto...

E' vero che New York è una scelta scontata e che il personaggio della sorella è irrisolto (cos'è? una cosa genetica? c'è un rapporto morboso tra di loro?), però è anche vero che diversamente da Sofia Coppola qui c'è un'idea di raccontare l'approccio fisico alla vita di un corpo diverso dagli altri, con esigenze iperboliche e come questo sfondi una vita, come in sostanza la biologia e la carne cambino tutto quello che c'è intorno. In questo è più simile a Cronenberg.

Ad ogni modo nell'immediato non avevo molto amato il film, mi aveva colpito. Col tempo lavora e torna su in diversi momenti.

Sono daccordo sul fatto che i vini sono tutti uguali ma per gentilezza nei confronti di tutte quelle persone che con fatica fanno il proprio, abbiamo creato un sistema in cui facciamo finta che siano tutti diversi e dal valore diverso.


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