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6.3.12

The Double (id., 2012)
di Michael Brandt

Uno dei più banali, sbrigativi e volgari sceneggiatori del cinema statunitense passa alla regia. Un evento infausto che abbina script superficiali ad una regia inconsistente.
Dopo aver firmato i copioni di film come Quel treno per Yuma (il remake), Wanted e 2 Fast 2 Furious, Micheal Brandt ora si dedica ad una spy story senza senso, con al centro il meno cinematografico tra i grandi nomi hollywoodiani.

Richard Gere è infatti materia delicata da trattare. Volto sensazionale ma fisico molto poco malleabile e cinematografico, solo nelle mani di grandissimi registi è stato ingranaggio funzionante di un film (i soliti, Malick, Schrader, Fuqua...). In ogni film in cui appare costringe il montatore a mille tagli per nasconderne la poca credibilità e l'inesistente plasticità dei movimenti (vedasi Chicago). Altrimenti è un pupazzo di se stesso, faccione buono per un cinema sentimentale para-televisivo per signore di bocca buona. Figuriamoci dunque la sua consistenza in un film d'azione!

Insomma le premesse per un disastro ci sono tutte e in questo senso The Double non sorprende ma conferma qualsiasi pregiudizio negativo. 
Con l'idea "originale" di svelare a metà strada il mistero che dà il via al film (una spia russa dall'identità sconosciuta è tornata in azione e per prenderla ad un novellino appassionato viene affiancato il veterano che gli diede la caccia 20 anni fa) e una visione dell'azione che metterebbe in ridicolo anche Bruce Willis, The Double guarda senza convinzione al cinema degli svelamenti e dei doppi giochi orientale, senza centrarne mai il punto vero (la natura ingannevole della realtà empirica contrapposta ad una più alta forma di comprensione) e soffermandosi solo sui suoi aspetti superficiali (la coolness del momento in cui avviene lo svelamento).

Per fortuna (almeno) tutto è condito da alcuni momenti talmente imbarazzanti e senza senso da sconfinare nell'umorismo involontario. Magra relief per gli sfortunati che hanno pagato un biglietto.

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