Solitamente quando i film si propongono di trattare argomenti umanitari o sociali molto precisi e si ispirano troppo ai fatti di cronaca perdono in narrazione, risultando paradossalmente più fasulli perchè cedono nella forma dell'intreccio. Sono in sostanza film peggiori. Anche un grande sostenitore dello spunto di cronaca come Truffaut infatti era convinto che solo una piccola parte del film dovesse venire da lì.
Racconti Da Stoccolma nasce per parlare della difficile condizione della donna e dei rapporti familiari in paesi europei, luoghi in cui tali problemi dovrebbero essere superati.
Sono tre storie narrate contemporaneamente passando da una all'altra senza troppa regolarità e non è regolare nemmeno la qualità del narrato. Se infatti due tronconi narrativi corrispondono in pieno allo stereotipo del film che si preoccupa unicamente di raccontare la cronaca rendendo giustizia alla realtà e finendo per essere anti-cinematografici (nel senso che l'intreccio si sviluppa in maniera anticonvenzionale senza che però ci sia una struttura alternativa a giustificare tutto questo) uno invece è vero cinema.
Si tratta di quello centrale, quello che (non a caso) ha stimolato il regista a realizzare l'opera e che costituisce anche l'atto di denuncia più forte. Nonostante sia come gli altri tratto da un fatto di cronaca la narrazione è di tutt'altra pasta, probabilmente c'è stato più impegno o anche più semplicemente la storia casualmente di suo si adattava meglio ad un racconto filmico.
E' fenomenale però come quando riesce bene la narrazione riesca bene tutto. Il segmento della ragazza medio orientale che risiede in Svezia con la sua famiglia la quale la perseguita dandole letteralmente la caccia per eliminarla fisicamente poichè solo sospettata di essere andata una volta con un uomo riesce a fare tutto quello che il resto del film si propone e manca inesorabilmente: stupire, far arrabbiare, intrattenere, raccontare per immagini.
Peccato che sia solo uno di tre frammenti.
Racconti Da Stoccolma nasce per parlare della difficile condizione della donna e dei rapporti familiari in paesi europei, luoghi in cui tali problemi dovrebbero essere superati.
Sono tre storie narrate contemporaneamente passando da una all'altra senza troppa regolarità e non è regolare nemmeno la qualità del narrato. Se infatti due tronconi narrativi corrispondono in pieno allo stereotipo del film che si preoccupa unicamente di raccontare la cronaca rendendo giustizia alla realtà e finendo per essere anti-cinematografici (nel senso che l'intreccio si sviluppa in maniera anticonvenzionale senza che però ci sia una struttura alternativa a giustificare tutto questo) uno invece è vero cinema.
Si tratta di quello centrale, quello che (non a caso) ha stimolato il regista a realizzare l'opera e che costituisce anche l'atto di denuncia più forte. Nonostante sia come gli altri tratto da un fatto di cronaca la narrazione è di tutt'altra pasta, probabilmente c'è stato più impegno o anche più semplicemente la storia casualmente di suo si adattava meglio ad un racconto filmico.
E' fenomenale però come quando riesce bene la narrazione riesca bene tutto. Il segmento della ragazza medio orientale che risiede in Svezia con la sua famiglia la quale la perseguita dandole letteralmente la caccia per eliminarla fisicamente poichè solo sospettata di essere andata una volta con un uomo riesce a fare tutto quello che il resto del film si propone e manca inesorabilmente: stupire, far arrabbiare, intrattenere, raccontare per immagini.
Peccato che sia solo uno di tre frammenti.
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