FESTIVAL DI CANNES 2010
CONCORSO
Mathieu Amalric e' uno dei piu' grandi attori di Francia di questi tempi e dopo una prima prova qualche anno fa ora torna a fare il regista in un film in cui e' anche l'attore protagonista. Per non variare molto dallo stereotipo dell'attore che passa a fare il regista anche lui come quasi tutti si mette a raccontare una storia di artisti da quattro soldi, in particolare di una compagnia di Bourlesque americana portata in giro per la Francia da un impresario francese e pieno di problemi.
La questione e' parlare di uno stile di vita bulimico e frenetico, eppure cio' che emerge di piu' dallo stile molto controllato e molto francese di Amalric (che molto guarda ai film di Desplechin), e' una sorta di dimensione ovattata dei sentimenti dove nulla scalfisce il protagonista. Non il disprezzo dei figli, non le umilizazioni sul lavoro, non le avanches e nemmeno i ricordi dei vecchi amori.
Una donna in ogni porte e un debitore in ogni citta', cosi' l'impresario si plasma sugli spettacoli che porta in scena. Le attrici di bourlesque sono tutte vere performer e si vede, Amalric conosce il valore del corpo e della corporalita' e non vuole blande finizoni ma corpi scandalosi. E per se stesso (con rara capacita' di comprendersi come se si guardasse da fuori) ritaglia un ruolo nel quale il corpo da scricciolo o ranocchio e' altrettanto importante.
Il film non e' quella fucina di sentimenti inespressi che vorrebbe essere, nemmeno nella pur bella scena del tentato rimorchio alla pompa di benzina, tuttavia ha un finale da impazzire: gli ultimi 10 secondi in cui viene lanciato un urlo in playback, riassumono per immagini, musica e climax narrativo tutto quello che il film poteva e voleva dire e che non e' riuscito a fare. Peccato.
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