Ero partito molto prevenuto contro Persepolis, un po' perchè non mi piacciono i film a tesi e un po' perchè sinceramente nonostante fossi a conoscenza del grande successo di pubblico e critica del fumetto i disegni mi respingevano.
Mi sono totalmente ricreduto, Persepolis è un lungometraggio d'animazione degno di questo nome, colmo di bellissime idee di regia e di trovate d'animazione fantastiche ed è anche un bel racconto. Certo questo magari è vero più nella prima che nella seconda parte dove ad un certo punto si soffre una certa stanchezza. Ma è anche vero che mai come in questo caso risulta facilmente superabile il concetto di parzialità dell'autore.
Non solo Persepolis è il racconto agiografico e autoconsolatorio della vita dell'autrice che dipinge la sua vita come un romanzo e se stessa come un'eroina morale (anche quando sbaglia si ravvede, vive vicissitudini romanzesche e finisce sempre per essere dalla parte della ragione alla fine di consolanti e commoventi percorsi spirituali e fisici) ma è anche il racconto faziosissimo di un pezzo di storia geopolitica recente.
Certo poi la fazione di Marjane Satrapi è ragionevolmente la più condivisibile, cioè quella contraria a qualsiasi forma di dittatura (figuriamoci quella religiosa!), tuttavia la condivisione della posizione politica non mi rende meno indigesta l'unidirezionalità e la volontà di convincere a tutti i costi del racconto. Ma come ho detto mi sono dovuto ricredere e la bontà dell'opera ha vinto anche sulla sua faziosità.
Pur volendo essere assolutamente di parte la Satrapi non ci riesce, pur condannando senza appello e senza sfumature di significato ogni cattivo della sua storia comunque riesce alla fine a dare un ritratto complesso della realtà dove le decisioni migliori spesso portano agli esisti peggiori in un'imprevedibilità e un caos generale ben reso su schermo.
Ancora di più il modo ironico e sempre divertito e divertente di mettere in scena anche i momenti più tragici è sempre convincente senza conoscere cadute di stile. E il mondo dell'Iran oscurantista e bigotto ritratto nel secco bianco e nero che non prevede sfumature è affascinante. Basta vedere la bellissima scena in cui la piccola Marjane è avvicinata da due educatrici e accusata per come è vestita (giubbotto e scarpe da ginnastica). Le due bigotte esponenti del sistema con il loro lungo velo si muovono come personaggi miyazakiani e siccome il velo non ne fa percepire le forme allora queste diventano elastiche e avvolgenti come mostri tentatori disneiani (foto centrale).
C'è insomma tantissimo cinema in Persepolis e tantissime trovate visive originali, una volta tanto unite ad un racconto necessariamente partecipato ma anche capace di andare (volontariamente o involontariamente) oltre le contingenti argomentazioni politiche.
Mi sono totalmente ricreduto, Persepolis è un lungometraggio d'animazione degno di questo nome, colmo di bellissime idee di regia e di trovate d'animazione fantastiche ed è anche un bel racconto. Certo questo magari è vero più nella prima che nella seconda parte dove ad un certo punto si soffre una certa stanchezza. Ma è anche vero che mai come in questo caso risulta facilmente superabile il concetto di parzialità dell'autore.
Non solo Persepolis è il racconto agiografico e autoconsolatorio della vita dell'autrice che dipinge la sua vita come un romanzo e se stessa come un'eroina morale (anche quando sbaglia si ravvede, vive vicissitudini romanzesche e finisce sempre per essere dalla parte della ragione alla fine di consolanti e commoventi percorsi spirituali e fisici) ma è anche il racconto faziosissimo di un pezzo di storia geopolitica recente.
Certo poi la fazione di Marjane Satrapi è ragionevolmente la più condivisibile, cioè quella contraria a qualsiasi forma di dittatura (figuriamoci quella religiosa!), tuttavia la condivisione della posizione politica non mi rende meno indigesta l'unidirezionalità e la volontà di convincere a tutti i costi del racconto. Ma come ho detto mi sono dovuto ricredere e la bontà dell'opera ha vinto anche sulla sua faziosità.
Pur volendo essere assolutamente di parte la Satrapi non ci riesce, pur condannando senza appello e senza sfumature di significato ogni cattivo della sua storia comunque riesce alla fine a dare un ritratto complesso della realtà dove le decisioni migliori spesso portano agli esisti peggiori in un'imprevedibilità e un caos generale ben reso su schermo.
Ancora di più il modo ironico e sempre divertito e divertente di mettere in scena anche i momenti più tragici è sempre convincente senza conoscere cadute di stile. E il mondo dell'Iran oscurantista e bigotto ritratto nel secco bianco e nero che non prevede sfumature è affascinante. Basta vedere la bellissima scena in cui la piccola Marjane è avvicinata da due educatrici e accusata per come è vestita (giubbotto e scarpe da ginnastica). Le due bigotte esponenti del sistema con il loro lungo velo si muovono come personaggi miyazakiani e siccome il velo non ne fa percepire le forme allora queste diventano elastiche e avvolgenti come mostri tentatori disneiani (foto centrale).
C'è insomma tantissimo cinema in Persepolis e tantissime trovate visive originali, una volta tanto unite ad un racconto necessariamente partecipato ma anche capace di andare (volontariamente o involontariamente) oltre le contingenti argomentazioni politiche.
3 commenti:
questo lo voglio vedere.
Secondo me ti può piacere, ma tocca che ti sbrighi.
Ho visto ieri il film e questa recensione fa emergere tutte le sensazioni che ho provato guardandolo.
Davvero interessante l'analisi del film e accomunante il leggero preconcetto che ha portato anche me a vederlo così tanto tempo dopo l'uscita.
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