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18.6.11

The Artist (id., 2011)
di Michel Hazanavicius

Qui si è nerd e integralisti del muto, sappiatelo, quindi quando arriva un film fatto alla maniera del cinema muto gli si fanno le pulci più che agli altri film. Perché siete voi che avete voluto ricalcare quello stile e noi quindi siamo qui a giudicare che lavoro avete fatto.
The Artist racconta del passaggio dal sonoro al muto, una "storia di Hollywood" già narrata in passato, che è un modo come sempre per narrare del successo, della sua componente effimera e blah blah bah Il succo già lo sappiamo ed è: "molte stelle del muto non capirono il sonoro o non seppero adattarsi". In più ci fu la crisi del '29.

Detto questo passiamo alla parte centrale, ovvero lo stile. Quello che The Artist sembra dimostrare non è tanto la propria bontà quanto l'intelligenza di Michael Hazanavicious, capace di scrivere un film pieno di piccole delicatezze e humor raffinatissimo, costellato di chicche e momenti per nulla banali.
Tutto inizia con il metafilmico moderno, una scena da un film nel film in cui l'attore protagonista è torturato e lo leggiamo urlare: "Non parlerò mai!! Maledetti!". Ecco questa è un po' la cifra di tutto il film che non segue davvero uno stile muto (e nemmeno interamente anni '20 perchè a tratti incorpora idee e soluzioni da cinema americano anni '40) quanto ne adotta a tratti le soluzioni.
E' innegabile che tali soluzioni siano non solo ben scelte ma anche estremamente funzionali. Un tip tap fatto dietro un paravento, un'inquadratura di una "sezione" di un palazzo, una scena di innamoramento attraverso alcuni ciak sbagliati e ancora la bellissima scena in cui la protagonista abbraccia un manichino con la giacca dell'attore, tutte cose che potevano figurare in un film muto per acume e senso del cinema.

Ma dove The Artist crolla e da "film interessante" diventa "film carino"è quando tenta di tirare le somme della sua storia. L'idea, sembra di capire, è quella di andare a ricalcare anche la leggerezza di certo cinema muto, con finali concilianti quanto improbabili e momenti di insperata catarsi. Ma come si diceva tutto questo poi è inserito in un film che ha molti espedienti di linguaggio moderni e che, nonostante nessuno parli, alla fine somiglia più ad un curioso film di oggi che ad un perfetto film di ieri. Inoltre non fosse per la straordinaria mimica di Jean Dujardin (premio al miglior attore talmente evidentemente meritato da non richiedere nemmeno la visione degli altri film per essere daccordo).
Non solo The Artist ma anche Juha di Kaurismaki e Intrigo a Berlino ci hanno dimostrato negli ultimi anni che non si può davvero fare un film d'altri tempi e che il risultato è sempre un ibrido che non sapendo che direzione prendere non può che lasciare tutti scontenti.

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