C'è un che di straniante nell'espressione stordita e consapevole di Colin Farrell, almeno da In Bruges in poi, il personaggio del gangster se interpretato da Farrell è inevitabilmente malinconico e pietistico, anche quando come in questo caso il suo nome fa tremare tutti.
Uscito di galera e ancora rispettato nel suo ambiente il gangster ha sviluppato un cuore d'oro e come Carlito Brigante è determinato ad uscire dal giro. Non incontra però una ballerina quanto una attrice/modella famosissima, talmente famosa da essere andata in pensione già prima dei 30 anni, perchè non reggeva le invasioni dei paparazzi che comunque sono lo stesso sempre appostati davanti casa sua.
London Boulevard è quindi più schematico nel presentare il percorso di purificazione di Carlito's Way. Il protagonista di giorno lavora come tuttofare nella casa della modella, di notte cerca di sviare tutte le tentazioni, le implicazioni e i vecchi legacci che continuano a legarlo alla malavita.
Monahan è scrittore prima che regista (The Departed, Fuori controllo, Nessuna Verità e via dicendo), dunque come spesso capita agli scrittori quando sono dietro la macchina da presa dirige con mano compassata, abbassa i toni e punta sui dialoghi e le figure comprimarie (come il post-hippie, fricchettone che vive con la modella) e punta su riferimenti molto chiari.
Con un occhio a Guy Ritchie (più per le ambientazioni e i costumi che per il montaggio) e uno ai fratelli Coen per la rapida successione degli eventi finali, London Boulevard è più classico e ordinario di quello che le molte trovate di Monahan possono far credere e conferma che la prima impressione è quella giusta. Il percorso di uscita dal carcere non finisce nel momento in cui si passa la soglia ma dura fino a che non ci si è lasciati alle spalle la malavita.
Peccato quindi che diviso tra Carlito, In Bruges, Notting Hill (!?!?), Coen e Ritchie London Boulevard non centri davvero nulla accarezzando tante idee senza prenderne di petto nemmeno una.
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