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18.6.08

In Bruges (id., 2008)
di Martin McDonagh


Raramente si era visto un film più fieramente europeo di In Bruges. Europeo nello stile di messa in scena, nei personaggi, nelle ambientazioni, nella storia ma anche e soprattutto nel modo di autopercepirsi e di autoposizionarsi lontano da qualsiasi americanismo (molto facile nel momento in cui si gira un film sui gangster).
Sono molti nel film gli espliciti screzi alla cultura americana (per una volta grande applauso all'adattamento italiano che sottolinea la differenza tra i protagonisti e gli americani doppiando quest'ultimi con un forte accento) fatti talmente a viso aperto che quasi infastidiscono.

Ma non è lì chiaramente il cuore del film quanto (paradossalmente) nel modo in cui guarda e rielabora l'esperienza del cinema asiatico. McDonagh non è un cineasta puro, viene dal teatro e questo è il suo primo lungometraggio, dunque non si può non rimanere stupiti dalla maniera con la quale gestisce i repentini e subitanei cambi di registro.
Come spesso accade nel cinema asiatico infatti il drammatico prende il posto del comico o del grottesco in maniera inaspettata (per lo spettatore occidentale) e alle volte le due dimensioni si mischiano con un'efficacia che si stenta a credere finchè non la si vede.

Personalmente non ho amato molto l'ambientazione cartolina di Bruges, un po' troppo onanisticamente protagonista, tuttavia il ritratto di quei due killer in esilio/missione (specialmente il principiante Farrel, cretino ma di una stupidità tutta sua) è indubbiamente fantastica e benchè poi nel film ci siano parecchie cadute di stile, le vette di sensibilità che il film riesce a raggiungere e il modo particolarissimo con cui ci arriva non possono non colpire, non fosse altro che per la novità.

Forse il finale abbastanza canonico un po' svacca e rovina le straordinarie premesse e forse ogni tanto ci sono elementi irrisolti che lasciano un po' l'amaro in bocca (la straordinaria storia tra Colin Farrel e la pseudo femme fatale) ma alcune cose come il pianto alle giostre o la scena della tentata rapina in camera da letto sono senza esagerare difficili da dimenticare.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Caspita nessuno che posta un commento...io per horror vacui posto il mio pleonastico parere dicendo che sono daccordo su tutta la linea per la recensione anche a costo di passare per yes-man..io trovo che Colin Farrell sia veramente esilarante molto simile nel suo strambo humour al suo personaggio in Sogni e Delitti

Drieu La Rochelle


gparker ha detto...

Non ci ho trovato molti punti in comune con Sogni E Delitti ma comunque concordo che il personaggio cui dà vita Colin Farrel, per come è ritratto è uno dei più complessi e ben ritratti che si siano mai visti.


Anonimo ha detto...

Visto appena adesso, noleggiato, su insistenza di amici entusiasti.Sorpresona, molto originale, davvero non si direbbe , come dici tu, che il regista ha estrazione teatrale ( se non per la perfetta direzione dei tre protagonisti e per qualche pinterismo qua e là).Sono daccordo anche sui pochi rilievi che fai cioè la cartolinesca Bruges, (ma forse è giusto così) e il finale che probabilmente salva ray...


gparker ha detto...

si è veramente una chicchetta, forse un modello poco esportabile oltre questo film/esperimento ma rimane un'operetta forte e peculiare.


Anonimo ha detto...

A Venezia... un dicembre rosso shocking! Bello che se ne parli!


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