"I'm not a man. I'm Cantona" in questa frase di Eric Cantona che nel film interpreta se stesso c'è tutta l'idea dietro Looking For Eric, l'idea cioè di descrivere i processi mitopoietici della working class, di come le storie che insegnano e i sistemi di apprendimento e avanzamento culturale siano ovunque intorno a noi. Anche nel calcio.
L'ultimo film di Ken Loach è una commedia molto solare e tranquilla, quasi hollywoodiana nel suo svolgimento nonostante i presupposti tragici, ma dotata di un livello di lettura anche molto alto e intellettuale. Raramente in passato infatti Loach si era occupato così direttamente della formazione intellettuale dei suoi working class heroes.
La storia racconta di un postino di Manchester dalla vita derelitta. Due matrimoni falliti, figli disperati a carico, un'amore mai sopito che lo uccide giorno per giorno e tentativi di suicidio. In un momento tra i più deprimenti si mette a dialogare con il poster di Eric Cantona, il suo mito, l'uomo che vorrebbe essere. E in quel momento il giocatore gli compare accanto in carne e ossa per aiutarlo.
Nessuna magia, nel film è chiaro come si tratti di una proiezione mentale del protagonista, una proiezione appunto di ciò che vorrebbe essere che lo aiuta con consigli esilaranti, molto banali ma poi insospettabilmente efficaci (Cantona è noto per parlare per massime e proverbi, un po' come da noi Tomba).
Non sembra eppure Looking For Eric forse è il film più tecnico e cinematograficamente raffinato di Loach, capace di profondi abissi e immense tenerezze di cui ti accorgi a giorni di distanza. Cantona non sa recitare e il regista usa molto bene questa peculiarità donando al personaggio un'aria straniata e curiosamente fuori da tutto, anche se a tratti poi riesce a dargli insospettabili momenti di intensità. Veramente abile.
Ma la cosa migliore è appunto come tutto questo impianto sia usato per raccontare il riscatto di chi tutto quello che sa lo deve al calcio, cioè all'unica forma di racconto cui ha accesso. Manifestazione sportiva a parte il calcio (come qualsiasi altro sport) è storie di uomini, di cadute e risalite, di sconfitte inaspettate e riscatti ecc. ecc. E Cantona, per quello che è stato e quello che gli è successo, è chiaramente una bandiera di tutto ciò.
La parte favolistica del film è tutta in come Eric (il protagonista) risolva i suoi problemi grazie alla proiezione mentale di Cantona che utilizzando come esempi i suoi gol di volta in volta gli spiega una massima (molto terra terra) della vita. Ma lo fa in una maniera così autorevole, mitica e coinvolgente da essere sempre credibile e anzi desiderabile.
Per questo "I'm not a man. I'm Cantona" è il succo di tutto il film, perchè per il povero postino l'eroe del calcio, non è un uomo e non deve esserlo. E' qualcosa che eleva il suo spirito in assenza di qualsiasi altra forma di avanzamento culturale, è un punto di riferimento il più alto possibile che lo spinge a confrontarsi con se stesso. Proprio ciò che dovrebbe fare il cinema.
L'ultimo film di Ken Loach è una commedia molto solare e tranquilla, quasi hollywoodiana nel suo svolgimento nonostante i presupposti tragici, ma dotata di un livello di lettura anche molto alto e intellettuale. Raramente in passato infatti Loach si era occupato così direttamente della formazione intellettuale dei suoi working class heroes.
La storia racconta di un postino di Manchester dalla vita derelitta. Due matrimoni falliti, figli disperati a carico, un'amore mai sopito che lo uccide giorno per giorno e tentativi di suicidio. In un momento tra i più deprimenti si mette a dialogare con il poster di Eric Cantona, il suo mito, l'uomo che vorrebbe essere. E in quel momento il giocatore gli compare accanto in carne e ossa per aiutarlo.
Nessuna magia, nel film è chiaro come si tratti di una proiezione mentale del protagonista, una proiezione appunto di ciò che vorrebbe essere che lo aiuta con consigli esilaranti, molto banali ma poi insospettabilmente efficaci (Cantona è noto per parlare per massime e proverbi, un po' come da noi Tomba).
Non sembra eppure Looking For Eric forse è il film più tecnico e cinematograficamente raffinato di Loach, capace di profondi abissi e immense tenerezze di cui ti accorgi a giorni di distanza. Cantona non sa recitare e il regista usa molto bene questa peculiarità donando al personaggio un'aria straniata e curiosamente fuori da tutto, anche se a tratti poi riesce a dargli insospettabili momenti di intensità. Veramente abile.
Ma la cosa migliore è appunto come tutto questo impianto sia usato per raccontare il riscatto di chi tutto quello che sa lo deve al calcio, cioè all'unica forma di racconto cui ha accesso. Manifestazione sportiva a parte il calcio (come qualsiasi altro sport) è storie di uomini, di cadute e risalite, di sconfitte inaspettate e riscatti ecc. ecc. E Cantona, per quello che è stato e quello che gli è successo, è chiaramente una bandiera di tutto ciò.
La parte favolistica del film è tutta in come Eric (il protagonista) risolva i suoi problemi grazie alla proiezione mentale di Cantona che utilizzando come esempi i suoi gol di volta in volta gli spiega una massima (molto terra terra) della vita. Ma lo fa in una maniera così autorevole, mitica e coinvolgente da essere sempre credibile e anzi desiderabile.
Per questo "I'm not a man. I'm Cantona" è il succo di tutto il film, perchè per il povero postino l'eroe del calcio, non è un uomo e non deve esserlo. E' qualcosa che eleva il suo spirito in assenza di qualsiasi altra forma di avanzamento culturale, è un punto di riferimento il più alto possibile che lo spinge a confrontarsi con se stesso. Proprio ciò che dovrebbe fare il cinema.
6 commenti:
posso dire che Cantona e veramente un grande personaggio?
e lo dice uno che col calcio francese ha i suoi trascorsi...
sembra molto carino. ma uscirà al cinema?
sicuro
è di loach, c'è cantona, è una commedia...
...è evidente che o Loach ha trovato l'amore, o gli è nato un nipotino, o qualcosa di simile.
ma è carinissimo o no?
Mais OUI!!!
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