Dopo Pietro, Gaglianone continua ad indagare il mondo dei disadattati della modernità e per farlo stavolta sceglie un racconto che fa avanti e indietro nel tempo, ponendo nell'infanzia parecchie delle cause del malessere dell'età adulta, giocando sui rapporti con i genitori come pietra angolare per l'evoluzione personale.
Un gruppo di bambini vive una disavventura con un dottore pedofilo in una terribile provincia tutta cemento, asfalto e ruggine. Ci scapperà un morto e nessuno sarà più lo stesso. Potrebbe essere uno Stand by me disperato o un Goonies drammatico, invece è un Io non ho paura senza idee. E ho detto tutto.
Per Gaglianone il punto sembra tutto stare nel senso del grottesco e nell'allusione ma le figure che propone non riescono ad essere mai credibili o drammaturgiche (eccezion fatta per Mastandrea, ma lui ormai se non tenta di tenere in piedi pessimi film non è contento), le parti con i ragazzi adulti alle prese con le ripercussioni (piccole e grandi) di quell'evento iniziale nella loro vita attuale sono abbastanza ridicole. Ridicole nel dover essere drammatiche, ridicole nel voler alludere a qualcosa di cui non riescono a parlare e ridicole nel proporre in alcuni casi un'idea di purezza ed idealismo fuori dal tempo.
E dispiace dirlo ma ancora una volta si abusa di Timi, il quale non ha minor colpa nel lasciare che continuamente si abusi di lui e della sua tendenza ad andare sempre e comunque sopra le righe. Probabilmente è uno degli attori più interessanti, profondi e capaci del momento, eppure in pochi riescono a tenere a bada e irregimentare la sua grinta rabbiosa. Il risultato è l'ennesimo pedofilo matto e mostruoso, esagerato in ogni tic e in ogni mania con facce da maniaco che nemmeno in una commedia reggerebbero.
Ruggine insomma non sta in piedi, da qualunque punto lo si voglia guardare e ancor peggio annoia.
4 commenti:
Sono super-iper-mega-d'accordo.
Aggiungo, per infierire, che trovo il suo modo di girare e montare piuttosto lezioso e pretenzioso.
I fuori fuoco, le schermate nere, la fotografia polaroid per fare gli anni '70: proprio no.
esatto: proprio no
d'accordo su tutta la linea e sottolineo il mio fastidio per due cose in particolare: Accorsi che fa i giochini col figlio in anglo-emiliano per sottolineare che è un interprete, e la Solarino che deve ripetere ossessivamente ad alta voce il lapsus del pedofilo per ribadire "sono quella bambina da grande e sono ossessionata da quell'episodio".
E l'intro simil-teatrale coi bimbi pensosi sul materasso è a mio avviso una pataccaccia pessima.
saremo tutti più contenti quando ci saremo dimenticati di questo film
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