Come capita a molti registi con il passare degli anni l’evoluzione del cinema di Kusturica è andata verso l’accumulo e l’esasperazione di quelli che sono sempre stati i suoi tratti fondamentali: la messa in scena caotica, la giustapposizione barocca di elementi grotteschi e drammatici per tirare fuori un senso nuovo e il racconto di storie che non temono di svincolarsi dal realismo per giocare con il favolismo e l’implausibilità.
Se già La vita è un miracolo si poneva sul crinale tra l’uso dei mezzi espressivi caratteristici del proprio cinema per raccontare qualcosa e l’uso di quei mezzi fine a se stesso, cioè per mettere in scena non una storia ma il proprio cinema in sè, Promettilo! fa un passo in avanti nella seconda direzione.
Più simile ad un cartone animato che ad un film, per l’elasticità con la quale dispone dei corpi dei propri attori e per le regole che sembrano reggere il suo universo, e rigidamente diviso in due filoni paralleli dal punto di vista della trama, Promettilo! racconta appunto di una promessa d’amore e dello sforzo dietro al suo mantenimento. Come spesso capita nel cinema di Kusturica c’è un protagonista giovane mediamente ingenuo che persegue un obiettivo di natura candidamente sessuale (in questo caso il ragazzo va in città per trovare tre cose: un’icona di San Nicola, un regalo per il nonno e una moglie), nel farlo entra a contatto con un’umanità tra il becero, il meschino e l’assurdo che tuttavia non è mai connotata secondo gli stereotipi di bene e male. Alla fine ovviamente troverà la donna pura, bella secondo i canoni classici e apparentemente lontana dal resto del mondo grottesco, brutto, sporco e cattivo.
In Promettilo! tuttavia c’è un compiacimento verso la dimensione più picaresca dello stile di Emir Kusturica che in molti punti sembra giocare contro l’interesse del film. Nonostante infatti l’evidente spostamento di mezzi e risorse, sia la storia del ragazzo puro di campagna che incontra lo spietato mondo cittadino sia l’altra linea di trama, cioè la lenta conclusione della storia d’amore campagnola del nonno con la maestrina, rimangono nel reame del kusturizate, senza farei quel salto in più che consente ai suoi film migliori (compreso Maradona di Kusturica, sorprendente proprio per questo) di raggiungere l’obiettivo finale: fare un racconto empatico che sia universale pur leggendo la realtà attraverso un filtro particolare.
Se già La vita è un miracolo si poneva sul crinale tra l’uso dei mezzi espressivi caratteristici del proprio cinema per raccontare qualcosa e l’uso di quei mezzi fine a se stesso, cioè per mettere in scena non una storia ma il proprio cinema in sè, Promettilo! fa un passo in avanti nella seconda direzione.
Più simile ad un cartone animato che ad un film, per l’elasticità con la quale dispone dei corpi dei propri attori e per le regole che sembrano reggere il suo universo, e rigidamente diviso in due filoni paralleli dal punto di vista della trama, Promettilo! racconta appunto di una promessa d’amore e dello sforzo dietro al suo mantenimento. Come spesso capita nel cinema di Kusturica c’è un protagonista giovane mediamente ingenuo che persegue un obiettivo di natura candidamente sessuale (in questo caso il ragazzo va in città per trovare tre cose: un’icona di San Nicola, un regalo per il nonno e una moglie), nel farlo entra a contatto con un’umanità tra il becero, il meschino e l’assurdo che tuttavia non è mai connotata secondo gli stereotipi di bene e male. Alla fine ovviamente troverà la donna pura, bella secondo i canoni classici e apparentemente lontana dal resto del mondo grottesco, brutto, sporco e cattivo.
In Promettilo! tuttavia c’è un compiacimento verso la dimensione più picaresca dello stile di Emir Kusturica che in molti punti sembra giocare contro l’interesse del film. Nonostante infatti l’evidente spostamento di mezzi e risorse, sia la storia del ragazzo puro di campagna che incontra lo spietato mondo cittadino sia l’altra linea di trama, cioè la lenta conclusione della storia d’amore campagnola del nonno con la maestrina, rimangono nel reame del kusturizate, senza farei quel salto in più che consente ai suoi film migliori (compreso Maradona di Kusturica, sorprendente proprio per questo) di raggiungere l’obiettivo finale: fare un racconto empatico che sia universale pur leggendo la realtà attraverso un filtro particolare.
7 commenti:
Ciao, volevo sapere se avevi avuto modo di vedere AFTERSCHOOL.
Da me ne parlo, ed ero curioso di avere un parere professionale...
(leggi: piccolissimo "spam" cinefilo)
Anche a me "Maradona by Kusturica" era piaciuto molto.
Ma questo sta per uscire nelle sale? O lo hai recensito così, tanto per fare? (Se fosse già uscito, invece, vuol dire che me lo sono perso...)
Mi tocca vederlo Afterschool, lo volevo evitare ma anche io sento troppi pareri discordanti...
E' uscito ieri
A Milano è in zero sale! :-(
bella rosicata!
..visto il film... delusione cocente.. quando il picaresco scade a Pippo Franco...
ritmi e intrecci puerilmente costruiti e pepati per stuzzicare l'audience, storia ferma alla superficie, personaggi involontariamente e fastidiosamente grotteschi... adoro il resto delle prodzioni di K. ma questo mi è sembrato un incrocio tra "Heidi" e "l'insegnante fa l'occhiolino al preside!"..mah forse non ero in giornata io...
non ci ho visto la parte pecoreccia, solo quella un po' facilona...
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