Provincia, America, anni '50. Uno sceriffo e una storia contorta raccontata in maniera contorta, lasciando che lo spettatore sia sballottato tra le diverse contraddizioni del protagonista. Un poliziotto del Texas, un gentiluomo del sud, un uomo che si professa sinceramente integerrimo con la sua voce off ma che poi picchia donne e si macchia di diverse efferatezze. L'intreccio è tutto intorno alle motivazioni che lo spingono.
Il pregio maggiore di Michael Winterbottom è di evitare il confronto con i Coen (siamo proprio da un'altra parte, nonostante sulla carta sia il loro territorio) o con il cinema americano moderno che ha ripensato il modo di proporre e guardare la violenza su schermo. Per il suo primo film negli Stati Uniti il regista inglese utilizza un romanzo di grande successo con tutti i rischi del caso.
Rischi che purtroppo si rivelano una vera e propria trappola. Il ritmo è ammazzato da subito e al procedere degli intrecci l'interesse sembra spegnersi. Colpa un po' di Casey Affleck, incapace di essere così vario (nel rendere la grigia monotonia del personaggio) da risultare sempre interessante, ma soprattutto del regista che si affida con eccessiva superbia alla bontà del suo meccanismo.
Ma forse quel che infastidisce di più sono una serie di trascuratezze che minano la credibilità e la plausibilità del racconto. Donne menate a sangue che non si difendono, cazzotti iperbolici che, in un contesto realistico, hanno conseguenze lievissime e altri non particolarmente violenti che deturpano di colpo, un incendio con fiamme digitali che più finte non si può e via dicendo.
Una serie di impensabili piccolezze talmente grosse che, specie a fronte di una trama e un soggetto che si intuisce essere molto buoni, finiscono per tirare fuori lo spettatore dal flusso del racconto facendogli pensare: "Ma che sta succedendo!?! Ma che è?!?".
Il pregio maggiore di Michael Winterbottom è di evitare il confronto con i Coen (siamo proprio da un'altra parte, nonostante sulla carta sia il loro territorio) o con il cinema americano moderno che ha ripensato il modo di proporre e guardare la violenza su schermo. Per il suo primo film negli Stati Uniti il regista inglese utilizza un romanzo di grande successo con tutti i rischi del caso.
Rischi che purtroppo si rivelano una vera e propria trappola. Il ritmo è ammazzato da subito e al procedere degli intrecci l'interesse sembra spegnersi. Colpa un po' di Casey Affleck, incapace di essere così vario (nel rendere la grigia monotonia del personaggio) da risultare sempre interessante, ma soprattutto del regista che si affida con eccessiva superbia alla bontà del suo meccanismo.
Ma forse quel che infastidisce di più sono una serie di trascuratezze che minano la credibilità e la plausibilità del racconto. Donne menate a sangue che non si difendono, cazzotti iperbolici che, in un contesto realistico, hanno conseguenze lievissime e altri non particolarmente violenti che deturpano di colpo, un incendio con fiamme digitali che più finte non si può e via dicendo.
Una serie di impensabili piccolezze talmente grosse che, specie a fronte di una trama e un soggetto che si intuisce essere molto buoni, finiscono per tirare fuori lo spettatore dal flusso del racconto facendogli pensare: "Ma che sta succedendo!?! Ma che è?!?".
1 commento:
Mmm...peccato, su questo ci avevo puntato.
Ale55andra
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