Abel Ferrara rientra in pieno nella categoria dei registi di cui si ricordano i grandi fasti, talmente grandi che gli si concede sempre il beneficio del dubbio (anche perchè il fenomenale Il Nostro Natale è solo del 2001) e a vedere il suo nuovo film ci si va cercando di ritrovare nelle pieghe della trama Il Cattivo Tenente, Fratelli o L'Angelo Della Vendetta anche se poi si esce sempre delusi.
Ecco Go Go Tales inizia alla grande, ma alla grande davvero, con un lento svelamento di una ballerina in tutù in parallelo ad una ripresa (sempre lenta) di Willem Dafoe, e poi si parte! Parte il racconto rapido, ritmato e frenetico del Paradise (locale di spogliarelli) e delle varie umanità disperate che lo animano.
Tra tutti spicca ovviamente il proprietario (per l'appunto Dafoe) oberato di debiti verso le ballerine e incalzato dal padrone delle mura del locale per l'affitto e tuttavia intento a giocarsi tutto maniacalmente al lotto assieme al socio più anziano (e già viene in mente Il Cattivo Tenente). 40 minuti lanciatissimi a grande velocità, con grandi riprese e grandissimo montaggio. 40 minuti che mostrano, raccontano, suggeriscono e preparano il terreno.
Peccato che poi sul terreno preparato non ci vada nulla. Dopo la grande spinta iniziale non succede granchè, continua il racconto di quella che sembra la serata finale del Paradise (dati i debiti del proprietario) attraverso comitive di giapponesi, variazioni sul cabaret, liti, incidenti e sogni vari ma senza giungere ad un'unità senza riuscire a mettere a frutto la grandissima e sapiente preparazione.
Eppure è quello l'intento palese di Ferrara: parlare del mondo dello spettacolo, cioè del suo mondo fatto di precarietà, di soldi che mancano, di artisti che si rivolgono al gestore (regista) e di un continuo barcamenarsi ma in fondo tutti assieme. Esercizio in fondo sterile e onanistico se non supportato da qualcos'altro, vedi una forma grandiosa o una metafora ben più audace.
Certo però che l'ultima scena, proprio l'ultima, il carrello lento verso lo straordinario volto di Willem Dafoe, quello che dice la voce fuoricampo e l'espressione sul suo viso muta lentamente è grande grande cinema. Ecco proprio all'ultimo passo si intravede il vero Ferrara. Ma si intravede giusto.
Ecco Go Go Tales inizia alla grande, ma alla grande davvero, con un lento svelamento di una ballerina in tutù in parallelo ad una ripresa (sempre lenta) di Willem Dafoe, e poi si parte! Parte il racconto rapido, ritmato e frenetico del Paradise (locale di spogliarelli) e delle varie umanità disperate che lo animano.
Tra tutti spicca ovviamente il proprietario (per l'appunto Dafoe) oberato di debiti verso le ballerine e incalzato dal padrone delle mura del locale per l'affitto e tuttavia intento a giocarsi tutto maniacalmente al lotto assieme al socio più anziano (e già viene in mente Il Cattivo Tenente). 40 minuti lanciatissimi a grande velocità, con grandi riprese e grandissimo montaggio. 40 minuti che mostrano, raccontano, suggeriscono e preparano il terreno.
Peccato che poi sul terreno preparato non ci vada nulla. Dopo la grande spinta iniziale non succede granchè, continua il racconto di quella che sembra la serata finale del Paradise (dati i debiti del proprietario) attraverso comitive di giapponesi, variazioni sul cabaret, liti, incidenti e sogni vari ma senza giungere ad un'unità senza riuscire a mettere a frutto la grandissima e sapiente preparazione.
Eppure è quello l'intento palese di Ferrara: parlare del mondo dello spettacolo, cioè del suo mondo fatto di precarietà, di soldi che mancano, di artisti che si rivolgono al gestore (regista) e di un continuo barcamenarsi ma in fondo tutti assieme. Esercizio in fondo sterile e onanistico se non supportato da qualcos'altro, vedi una forma grandiosa o una metafora ben più audace.
Certo però che l'ultima scena, proprio l'ultima, il carrello lento verso lo straordinario volto di Willem Dafoe, quello che dice la voce fuoricampo e l'espressione sul suo viso muta lentamente è grande grande cinema. Ecco proprio all'ultimo passo si intravede il vero Ferrara. Ma si intravede giusto.
4 commenti:
Non è per fare il pignolo, ma "onanistico" è l'aggettivo della settimana?
hai ragione.
A mia discolpa posso dire che i post benchè messi online a poca distanza sono stati scritti a grande distanza.
Può essere l'aggettivo del mese.
Ho visto il film ieri sera, in più di un momento ero sul punto di uscire dalla sala, il film arranca dall'inizio alla fine, oltrepassa il cattivo gusto e la totale assenza di qualcosa da dire o mostrare è agghicciante
sono abbastanza daccordo, solo con qualche cosina qua e là da salvare
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