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31.1.11

I fantastici Viaggi di Gulliver (Gulliver's Travels, 2011)
di Rob Letterman

POSTATO SU
Come per la Divina Commedia anche di I Viaggi di Gulliver si traspone al cinema sempre una sola parte, la prima. Stavolta però un senso, vago, c'è.
I Fantastici viaggi di Gulliver è dichiaratamente un film d'avventura per preadolescenti. Ne ha il tono, ne ha la morale e ne ha la semplicità. Jack Black interpreta una versione edulcorata del suo personaggio sanguigno e devastante, in una storia con molta azione e poche sorprese, apprezzabile per ritmo, brevità e capacità di divertire.
Inutile dunque stare a guardare alla fedeltà con il testo originale. Del libro non c'è quasi nulla se non quello che si può evincere dalle prime righe del riassunto della quarta di copertina, il film è la tipica parabola all'americana della conquista della fiducia in se stessi (e quindi di una vita migliore) attraverso un'avventura straordinaria. A rendere il tutto più gradevole del solito ci si mette l'universo di Jack Black, il suo tipo di comicità e la sua modernità.

Il 3D, sebbene post prodotto, ha una volta tanto una ragione di trama per essere presente. Il film infatti gioca molto con le grandezze. La percezione dell'altezza di Gulliver è infatti enfatizzata dalla terza dimensione nei dialoghi con i lillipuziani grazie a riprese dal basso verso l'alto o dall'alto verso il basso (a seconda dei turni di parola).
Proprio considerando questi punti di forza del film (ritmo, brevità e rapporto piccolo/grande) risulta strano come spesso I fantastici viaggi di Gulliver sembri scegliere di saltare a piedi pari momenti che potrebbero essere interessanti. Anche se non se n'è letta notizia da nessuna parte l'impressione che se ne ricava è che il girato originale fosse ben più lungo e che una serie di sforbiciate a film terminato l'abbiamo portato alla dimensione attuale.
E' il caso del viaggio di Gulliver nella terra dei giganti e del momento in cui un lillipuziano si reca lì a salvarlo. Un momento in cui il massimo del piccolo si trova nel massimo del gigantesco, un cortocircuito di grandezze che non viene sfruttato per nulla ma che anzi è quasi nascosto alla percezione dello spettatore.

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