Quello che tutti hanno pensato era falso. Abduction sembrava una piacevole, per quanto palesemente innocua, distrazione da Twilight per Taylor Lautner, il licantropo deuteragonista della saga. Invece ne è una logica prosecuzione al netto del sovrannaturale (ma al lordo degli addominali!).
Nonostante cartellonistica, pubblicità e trailer lascino pensare che Abduction sia un film d'azione con banali riflessi da thriller moderno (quello in cui il tema portante ruota intorno all'asse identità/tecnologia/complotto), un prodotto da sano maschio americano con macchine, pistole e inseguimenti non a caso affidato a John Singleton, la realtà è che Abduction è una variazione in stile action sempre indirizzata al pubblico delle twilighter.
Lo si capisce ben presto quando l'attenzione del regista e della trama si spostano gradualmente dal protagonista alla sua relazione con la ragazza per la quale aveva una cotta da piccolo e che si ritrova suo malgrado presa nel turbine di eventi dai quali lui cercherà di proteggerla. Se infatti inizialmente la sovraesposizione delle doti atletiche di Lautner può far pensare ad un film con un sano uso della presenza fisica e plastica del protagonista, dalla metà almeno è chiaro a tutti come l'interesse non stia nell'azione (che pure c'è), nè nell'intrigo, nè nei risvolti spionistici quanto nella ridefinizione di Lautner come uomo d'azione nell'ideale femminile.
Ogni dubbio poi è fugato nel momento in cui, dopo una notte passata all'addiaccio (nella quale i due hanno dormito abbracciati), Lily Collins si sveglia e vede che il suo eroe romantico ha pianto nella notte pensando ai genitori.
Appurato questo non stupisce più che l'intreccio tra CIA, tecnologie avveniristiche spacciate per reali, agenti di spionaggio freelance e padri che arrivano all'improvviso faccia acqua da tutte le parti o che tutto il lavoro sui corpi sia monodirezionale e centrato sulla pressione delle mani di lui sui fianchi di lei.
Abduction è un film veicolo per Lautner, e non importa che la recitazione sia ai minimi storici (solo Alfred Molina, come sempre, si salva), l'unica cosa che conta è la coerenza interfilmica con il resto della sua filmografia.
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