Un vero bel film non è mai politico. Anche quando vuole esserlo. Perchè la sua essenza di grande capolavoro ci parla al di là di qualsiasi messaggio didascalico che, inevitabilmente, sarà più superficiale e destinato a svalutarsi nel tempo, di significati artistici.
I brutti film didascalici invece sono sempre politici. Anche quando non vogliono esserlo.
E’ il caso di Una Notte Al Museo 2, che non solo non riesce ad arrivare al livello (comunque non alto) del primo ma assecondando quella filosofia hollywoodiana per la quale “l’unico modo per fare un sequel è prendere gli elementi vincenti del primo e moltiplicarli in varietà, quantità e dimensioni”, sfora in un film didascalico e dalla trama troppo esile.
Se la mancanza di divertimento autentico ed originale genera solo noia, è invece il modo in cui il film di Shawn Levy rilegge la storia americana e per proporla al suo pubblico (presumibilmente molto molto giovane) a dare l’idea della lezione di storia conservatrice.
Nel museo si animano diverse statue, opere d’arte e ovviamente personaggi storici. Si muovono, parlano ed agiscono secondo la loro (presunta) personalità Teddy Roosevelt (come nel primo film), Abramo Lincoln, il generale Custer e altre figure meno possenti ma ugualmente note dell’America della storia recente al pari di nomi del passato.
Gli schieramenti sono però molto chiari. Da una parte (quella buona) l’America tutta: dal protagonista, ai presidenti, fino al generale Custer (un po’ cretino perchè la storia gli ha dato torto ma in fondo tanto buono) e anche ai neri (ma in secondo piano); dall’altra il male: cioè le principali figure storiche del resto del mondo da Ivan Il Terribile, a Napoleone fino all’italoamericano Al Capone. Tutti sotto un inventato Faraone egizio.
I presidenti salveranno tutti e daranno anche la morale alla favola a stelle e strisce.
Unico atto di insurrezione a tutta quest’esaltazione americana, che però suona come una vittoria di Pirro, è il provincialissimo doppiaggio italiano che non solo utilizza senza remore i dialetti ma si prende anche l’onere di cambiare intere frasi o dialoghi inserendo riferimenti spiccioli a fatti di attualità tutti nostri. Napoleone parla come Berlusconi e il generale Custer cita Melissa P., tutte cose assolutamente non comprensibili ad un pubblico preadolescenziale. Gli unici che le capiscono sono quelli che non vorrebbero farlo.
I brutti film didascalici invece sono sempre politici. Anche quando non vogliono esserlo.
E’ il caso di Una Notte Al Museo 2, che non solo non riesce ad arrivare al livello (comunque non alto) del primo ma assecondando quella filosofia hollywoodiana per la quale “l’unico modo per fare un sequel è prendere gli elementi vincenti del primo e moltiplicarli in varietà, quantità e dimensioni”, sfora in un film didascalico e dalla trama troppo esile.
Se la mancanza di divertimento autentico ed originale genera solo noia, è invece il modo in cui il film di Shawn Levy rilegge la storia americana e per proporla al suo pubblico (presumibilmente molto molto giovane) a dare l’idea della lezione di storia conservatrice.
Nel museo si animano diverse statue, opere d’arte e ovviamente personaggi storici. Si muovono, parlano ed agiscono secondo la loro (presunta) personalità Teddy Roosevelt (come nel primo film), Abramo Lincoln, il generale Custer e altre figure meno possenti ma ugualmente note dell’America della storia recente al pari di nomi del passato.
Gli schieramenti sono però molto chiari. Da una parte (quella buona) l’America tutta: dal protagonista, ai presidenti, fino al generale Custer (un po’ cretino perchè la storia gli ha dato torto ma in fondo tanto buono) e anche ai neri (ma in secondo piano); dall’altra il male: cioè le principali figure storiche del resto del mondo da Ivan Il Terribile, a Napoleone fino all’italoamericano Al Capone. Tutti sotto un inventato Faraone egizio.
I presidenti salveranno tutti e daranno anche la morale alla favola a stelle e strisce.
Unico atto di insurrezione a tutta quest’esaltazione americana, che però suona come una vittoria di Pirro, è il provincialissimo doppiaggio italiano che non solo utilizza senza remore i dialetti ma si prende anche l’onere di cambiare intere frasi o dialoghi inserendo riferimenti spiccioli a fatti di attualità tutti nostri. Napoleone parla come Berlusconi e il generale Custer cita Melissa P., tutte cose assolutamente non comprensibili ad un pubblico preadolescenziale. Gli unici che le capiscono sono quelli che non vorrebbero farlo.
8 commenti:
Oh mio Dio...
P.S. Segnalo che al Tg2 hanno appena rivelato la sorpresa finale di Inglorious Basterds
pure lì!?!
Pare che ovunque lo stiano spoilerando. Ci faccio un post su sta storia...
Sono in ginokkio dinanzi al tuo incipit, parole sante
ero alp
questo è proprio orientato...
ma perchè doppiare Napoleone come Berlusconi, ma che c'entra in un film così! doppiatelo come la pantera rosa, coem tutti i francesi!
fa ridere proprio perche è palesemente "la solita americanta" con buoni da una parte e cattivi, ovvero noi eurasia, dall'altra. Certo è un film leggero demenziale ma che proprio per questo fa ridere! In fin dei conti non vuole essere nulla di piu, basti guardare anche il carattere che danno ad Amelia, insomma è ovvio che è tutto un'esagerazione di fantasie fanciullesche su personaggi storici.
si ma a me ammetto che non ha fatto nemmeno ridere.
Posta un commento