Da tempo ho litigato con i film sull'olocausto. Per non ripetermi ancora una volta sintetizzerò dicendo che l'ho fatto perchè non solo sono brutti ma lo sono tutti alla stessa maniera, quella per la quale il contenuto alto sembra poter giustificare l'incredibile povertà di idee registiche. Con le dovute e rarissime eccezioni questo tende ad accadere quasi sempre.
The Reader è diverso. Innanzitutto perchè non è esattamente un film sull'olocausto ma lo usa in maniera funzionale, cioè lo usa come stratagemma di racconto. Nell'economia della trama serve qualcosa di sufficientemente abominevole per fare da contraltare ai sentimenti dei protagonisti, qualcosa che stimoli un contrasto forte tra ciò che si vuole fare e ciò che si fa. Che è il vero cuore del film.
Certo poi il tema non è solo sfiorato, viene trattato con il rispetto che merita ma sempre in funzione d'altro (il senso di giustizia, l'orgoglio, la voglia di rivincita ecc. ecc.).
Ancora di più The Reader nel suo trovarsi a dover disegnare le figure archetipe del genere "olocausto" (carceriere e carcerato) fa la scelta difficile e inusuale di ritrarre il carceriere come un essere umano (certo non tutti quanti ma almeno una su sei, che già è qualcosa).
Concedendo qualcosa alla complessità della realtà il film si arricchisce di molti più significati e di certo non diventa un'apologia del nazismo. Anzi. Comprendere che chi sceglieva le persone che dovevano morire, chi cioè materialmente le condannava, erano persone normali inserite in situazioni straordinarie, uomini e donne con affetti normali, odi normali e soprattutto normale ignoranza, aumenta la nostra comprensione, compassione e quindi condanna del fenomeno.
In più The Reader è anche orchestrato come un racconto vero e non secondo le consuete fasi prevedibili dei film in cui il tema "olocausto" ha la meglio su tutto. Costruisce i personaggi lentamente, lascia che prendano decisioni non condivisibili e non prevedibili e soprattutto fa sì che i loro silenzi e la distanza che lo spettatore sente di voler prende anche dalle figure positive trasmetta qualcosa.
The Reader funziona. Anche se gli ebrei non sono simpaticissimi e i carcerieri sono umani. Quando si esce dal film si è capito qualcosa di più non tanto sul nazismo quanto sugli uomini.
A titolo assolutamente personale poi sono sempre affascinatissimo dai film che parlano del "raccontare", cioè dell'esigenza umana di fuire di storie e come tali storie siano veicolo di tutto nella società umana. Sempre e dovunque. Veicolo di emozioni, di realtà, di menzogna, di conoscenza e di evoluzione. Quindi un po' in questo senso il film mi ha comprato.
E alla fotografia c'è Roger Deakins che negli ultimi 365 giorni e fino a che non rivedo un film di Christopher Doyle è il nuovo idolo del blog. Deciso.
Breve postilla sul doppio vincolo del doppiaggio:
Ho visto il film in lingua originale e non posso fare a meno di chiedermi come verrà doppiato e quale soluzione sia la più corretta, anche se mi sembra davvero che non ce ne siano.
Come capita sempre in questi casi nel film gli attori (sia inglesi che tedeschi) parlano inglese pur essendo nella finzione tutti tedeschi. Diversamente dal solito però parlano inglese con un lieve accento tedesco, cosa altamente fastidiosa (specialmente se l'inglese non è la tua lingua madre perchè ti costringe ad un triplo salto mortale tra realtà e finzione) che pone il problema dell'edizione italiana.
Se vogliamo ipotizzare che il doppiaggio possa avere mai una qualche possibile utilità e/o missione e/o etica (e siamo veramente nel regno delle ipotesi) ci si chiede come faranno: doppiare in italiano equivale a privare il film di una decisione registica molto forte, doppiare con un lieve accento tedesco sarebbe orrendo e attirerebbe sui doppiatori gli strali di tutti quelli che non sanno che anche in originale era così.
L'unica sarebbe mettere un breve cartello prima che spieghi la situazione e doppiare con un lievissimo accento tedesco. Ma in fondo se ci guardiamo dentro sappiamo tutti quale decisione sarà presa.
The Reader è diverso. Innanzitutto perchè non è esattamente un film sull'olocausto ma lo usa in maniera funzionale, cioè lo usa come stratagemma di racconto. Nell'economia della trama serve qualcosa di sufficientemente abominevole per fare da contraltare ai sentimenti dei protagonisti, qualcosa che stimoli un contrasto forte tra ciò che si vuole fare e ciò che si fa. Che è il vero cuore del film.
Certo poi il tema non è solo sfiorato, viene trattato con il rispetto che merita ma sempre in funzione d'altro (il senso di giustizia, l'orgoglio, la voglia di rivincita ecc. ecc.).
Ancora di più The Reader nel suo trovarsi a dover disegnare le figure archetipe del genere "olocausto" (carceriere e carcerato) fa la scelta difficile e inusuale di ritrarre il carceriere come un essere umano (certo non tutti quanti ma almeno una su sei, che già è qualcosa).
Concedendo qualcosa alla complessità della realtà il film si arricchisce di molti più significati e di certo non diventa un'apologia del nazismo. Anzi. Comprendere che chi sceglieva le persone che dovevano morire, chi cioè materialmente le condannava, erano persone normali inserite in situazioni straordinarie, uomini e donne con affetti normali, odi normali e soprattutto normale ignoranza, aumenta la nostra comprensione, compassione e quindi condanna del fenomeno.
In più The Reader è anche orchestrato come un racconto vero e non secondo le consuete fasi prevedibili dei film in cui il tema "olocausto" ha la meglio su tutto. Costruisce i personaggi lentamente, lascia che prendano decisioni non condivisibili e non prevedibili e soprattutto fa sì che i loro silenzi e la distanza che lo spettatore sente di voler prende anche dalle figure positive trasmetta qualcosa.
The Reader funziona. Anche se gli ebrei non sono simpaticissimi e i carcerieri sono umani. Quando si esce dal film si è capito qualcosa di più non tanto sul nazismo quanto sugli uomini.
A titolo assolutamente personale poi sono sempre affascinatissimo dai film che parlano del "raccontare", cioè dell'esigenza umana di fuire di storie e come tali storie siano veicolo di tutto nella società umana. Sempre e dovunque. Veicolo di emozioni, di realtà, di menzogna, di conoscenza e di evoluzione. Quindi un po' in questo senso il film mi ha comprato.
E alla fotografia c'è Roger Deakins che negli ultimi 365 giorni e fino a che non rivedo un film di Christopher Doyle è il nuovo idolo del blog. Deciso.
Breve postilla sul doppio vincolo del doppiaggio:
Ho visto il film in lingua originale e non posso fare a meno di chiedermi come verrà doppiato e quale soluzione sia la più corretta, anche se mi sembra davvero che non ce ne siano.
Come capita sempre in questi casi nel film gli attori (sia inglesi che tedeschi) parlano inglese pur essendo nella finzione tutti tedeschi. Diversamente dal solito però parlano inglese con un lieve accento tedesco, cosa altamente fastidiosa (specialmente se l'inglese non è la tua lingua madre perchè ti costringe ad un triplo salto mortale tra realtà e finzione) che pone il problema dell'edizione italiana.
Se vogliamo ipotizzare che il doppiaggio possa avere mai una qualche possibile utilità e/o missione e/o etica (e siamo veramente nel regno delle ipotesi) ci si chiede come faranno: doppiare in italiano equivale a privare il film di una decisione registica molto forte, doppiare con un lieve accento tedesco sarebbe orrendo e attirerebbe sui doppiatori gli strali di tutti quelli che non sanno che anche in originale era così.
L'unica sarebbe mettere un breve cartello prima che spieghi la situazione e doppiare con un lievissimo accento tedesco. Ma in fondo se ci guardiamo dentro sappiamo tutti quale decisione sarà presa.
17 commenti:
partendo dal presupposto che in questo ultimo periodo stanno uscendo una carrellata di film sull'olocausto, la tua recensione mi fa capire che questo film è diverso, fortunatamente.
non che io abbia niente contro il "ricordare" l'olocausto, ma trovo parecchio "patetico" usare quest'espediente per poter narrare la cattiveria del mondo, soprattutto riguardo a una tragedia come un genocidio di tale proporzioni. soprattutto perchè si cerca di creare una sorta di linea di confine che divide i "buoni" dai "cattivi". non che io non voglia condannare tale tragedia, sia chiaro.
per quanto riguarda il doppiaggio, mi vien solo da ridere! l'idea del solito "stereotipo" dell'accento tedesco mi fa solo rotolare per terra, aspettando di ascoltare l'ennesima rovina di un film , solo perchè qua in italia c'è questa voglia pressante di dover "italianizzare" ogni singolo prodotto importato, che sia film, games, libro, e quant'altro. per italianizzare intendo non "tradurre", ma proprio esaltare quest'idea di nazione italiana sfociando nel ridicolo con censure, tagli, e tagli, e tagli, e si, ancora tagli, e di nuovo censure.
Finalmente una recensione positiva di questo film che mi è parso un po' bistrattato in rete e dalla critica...cosa ne pensi della recitazione di Kate Winslet nominata agli oscar per questa interpretazione invece che per Revolutionary Road, è meglio qui?
(In RR lei è bravissima ma io ho trovato forse più bravo Di Caprio fra i due, tu che dici?)
Un po' come Good quindi.
Un ordinario essere umano che in situazioni straordinarie arriva a farsi carceriere e a decidere della vita di un altro.
Molto più inquietante dello stereotipo del cattivo. Ti insinua il dubbio che potrebbe accadere anche a te o comunque alle persone "normali" accanto a te
elisabetta: esatto, in quel senso è accomunabile a good ma qui ancora di più il tema olocausto è di sfondo, in primo piano c'è altro. E poi affronta quell'umanità dal lato ignorante e non colto.
Anonimo: Lei è indubbiamente brava e si impegna molto. Forse addirittura si impegna più di quanto sia brava, nel senso che non dà l'idea di un talento straordinario ma di un'attrice metodica e preparata che se ha delle lacune le colma con la tecnica.
In Revolutionary Road ho preferito lei anche perchè è favorita dall'avere un personaggio migliore.
Kaiser: ovviamente nessuno intende fare apologia, anzi tutto il contrario. Quel modo di schematizzare i problemi è opposto all'affrontarli con seria complessità. Non si può capire il nazismo e le sue stragi se non si accetta che erano uomini capaci di amare, soffrire, odiare e sognare come gli altri.
parlando della Winslet, in RR l'ho trovata eccezionale, di una bravura e di una capacità di trasmettere emozioni e stati d'animo fuori dal normale. Sempre per rimanere in tema di RR, di Caprio l'ho trovato un pò un pesce fuor d'acqua. la sua interpretazione è stata ottima, sicuramente, ma in quel ruolo non l'ho visto bene, soprattutto a livello fisico; avrei preferito un attore molto più "maturo", segnato dall'età..
comunque questo film, the reader
,lo andrò sicuramente a vedere.. sperando di non trovare eccessivamente la presenza dell'olocausto come unica forza motrice del racconto, o come ne "il bambino col pigiama a righe", in cui l'innocenza (forse troppo marcata, quasi sino alla "demenza", secondo me-.-) dei due protagonisti viene travolta e soffocata dalla forza inesorabile della storia..
no in questo puoi star certo, l'olocausto non è il centro di tutto, che è bene.
E quanto alla Winslet sarai accontentato.
Abbi fede, i nostri cari doppiatori faranno la cosa giusta.
hahahahah...
no... aspetta.. è una battuta, vero?
che bello!
Mi pare di ricordare che ti fossi lamentato per l mancata nomination di Deakins per Revolutionary Road...dopo aver visto questo film per cui l'ha ricevuta che ne pensi?
io continuo a credere che il lavoro migliore l'abbia fatto su Revolutionary Road che data l'assenza di nomination credo sia stato ufficialmente boicottato.
Anzi forse il lavoro migliore l'ha fatto su Wall-E come consulente visivo, quello sì che è stata una cosa rivoluzionaria.
Lessi il romanzo sei o sette anni fa e ne rimasi veramente molto colpita. Solo per questo ovviamente guarderò sicuramente il film. Però devo ammettere che la presenza della Winslet, attrice che apprezzo molto, e la visione del trailer (doppiato semplicemente in italiano senza nessuna inflessione), mi hanno invogliata ancora di più. Io comunque credo che sia la Winslet che Di Caprio in RR siano stati magistrali.
Ale55andra
più lei di lui secondo me
Il mio nuovo idolo non è sicuramente Roger Deakins.
Non seguirò la tua dottrina, una settimana fa è uscito il trailer di Bastardi Senza Gloria, non rinnegherò la mia fede.
non è tuo. E' del blog.
il blog siamo noi.
Ho visto questo film di recente e l'ho trovato davvero ben fatto con un'ottima Kate Winslet che ha indubbiamente meritato il premio Oscar,soprattutto per la psicologia molto contorta del personaggio da lei interpretato . Tuttavia una cosa mi ha lasciata un po' perplessa:il finale;infatti da una persona che si fa imprigionare pur di non dichiarare il suo analfabetismo perchè la farebbe apparire ignorante e debole , una persona che sembra quasi che la sua stessa vita non le appartenga , non mi aspettavo un suicidio. Sono l'unica che non ha trovato questo gesto in linea col personaggio(per quanto possa seguire una linea un personaggio del genere)?
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