E' forte Michael Moore c'è poco da dire. Non amo le sue sparate contro tutto e contro tutti nè i suoi attacchi unilaterali e faziosissimi, eppure non posso negare che spesso centra l'obiettivo e gira dei gran bei documentari.
Non era capitato certo con Farenheit 9/11, noiosissimo e confusissimo polpettone anti-Bush stupidamente premiato con la Palma D'Oro al Festival di Cannes, ma era capitato (e come!) con Bowling A Columbine. E ora con Sicko ritorna parzialmente ai fasti del suo secondo documentario.
Dico a tratti perchè per tutta la prima parte (quella in cui Moore non è in campo) il documentario ha ben poco di cinematografico e indugia molto sui soliti casi estremi con uno stile altamente televisivo.
Poi finalmente arriva Moore e lo stile torna quello solito, montaggio cinematografico, piglio più ritmato e (oltre ai soliti casi estremi) anche qualche riflessione non cretina.
Come sempre Moore torna sui suoi passi, parla incidentalmente delle armi in America, della guerra in Iraq e della General Motors, continua cioè (anche se in maniera blanda) a reiterare i temi trattati nei passati documentari, mentre con forza ne introduce uno nuovo: la statalizzazione in America.
Sicko infatti non è tanto un film sulla sanità americana (quello è solo lo spunto) quanto sulla mancata statalizzazione di molti servizi basilari (quali la sanità) e il fatto che questa situazione non sia una caratteristica del governo americano da sempre, ma una tendenza al peggioramento degli ultimi 15 anni.
La mancata statalizzazione, secondo Moore, non è solo un problema pratico ma anche ideologico in quanto predicata, giustificata e sbandierata continuamente come un vanto.
Il viaggio in Europa e il giro per ospedali inglesi e francesi è solo uno spunto per mostrare sistemi statalizzati efficienti e il modo con cui vengono presentati è sì degno della miglior propaganda, ma anche montato e messo in scena benissimo.
Ma tutto questo punta sempre nella medesima direzione, la stessa di Bowling A Columbine e Farenheit 9/11, la strategia della paura, il modo in cui gli americani, in un modo o nell'altro, vengono continuamente spaventati dal sistema mediatico. Spaventati e tenuti malati.
Addirittura Moore arriva ad invocare scioperi e manifestazioni di piazza come avviene in Europa, cosa impensabile per un popolo come quello americano.
Non era capitato certo con Farenheit 9/11, noiosissimo e confusissimo polpettone anti-Bush stupidamente premiato con la Palma D'Oro al Festival di Cannes, ma era capitato (e come!) con Bowling A Columbine. E ora con Sicko ritorna parzialmente ai fasti del suo secondo documentario.
Dico a tratti perchè per tutta la prima parte (quella in cui Moore non è in campo) il documentario ha ben poco di cinematografico e indugia molto sui soliti casi estremi con uno stile altamente televisivo.
Poi finalmente arriva Moore e lo stile torna quello solito, montaggio cinematografico, piglio più ritmato e (oltre ai soliti casi estremi) anche qualche riflessione non cretina.
Come sempre Moore torna sui suoi passi, parla incidentalmente delle armi in America, della guerra in Iraq e della General Motors, continua cioè (anche se in maniera blanda) a reiterare i temi trattati nei passati documentari, mentre con forza ne introduce uno nuovo: la statalizzazione in America.
Sicko infatti non è tanto un film sulla sanità americana (quello è solo lo spunto) quanto sulla mancata statalizzazione di molti servizi basilari (quali la sanità) e il fatto che questa situazione non sia una caratteristica del governo americano da sempre, ma una tendenza al peggioramento degli ultimi 15 anni.
La mancata statalizzazione, secondo Moore, non è solo un problema pratico ma anche ideologico in quanto predicata, giustificata e sbandierata continuamente come un vanto.
Il viaggio in Europa e il giro per ospedali inglesi e francesi è solo uno spunto per mostrare sistemi statalizzati efficienti e il modo con cui vengono presentati è sì degno della miglior propaganda, ma anche montato e messo in scena benissimo.
Ma tutto questo punta sempre nella medesima direzione, la stessa di Bowling A Columbine e Farenheit 9/11, la strategia della paura, il modo in cui gli americani, in un modo o nell'altro, vengono continuamente spaventati dal sistema mediatico. Spaventati e tenuti malati.
Addirittura Moore arriva ad invocare scioperi e manifestazioni di piazza come avviene in Europa, cosa impensabile per un popolo come quello americano.
20 commenti:
Sono d'accordo con te.
Il commento che ho scritto è più o meno sullo stesso tono del tuo.
Se vuoi puoi leggerlo qui.
in quanto a tecnica e' indubbiamente bravo, io pero' fatico un casino a definire documentari i suoi prodotti, li vedo piu' come fiction a tema o propaganda (girati utilizzando ottimamente tecniche proprie del documentario).
Secondo me è anche un bell'uomo.
Secondo me sono sicuramente documentari perchè ne hanno tutto lo stile che poi siano di parte questo non lo nega nessuno.
Tuttavia l'opera di Michael Moore ha l'indubbio pregio (tra alti e bassi) di riuscire a dare una concreta visione di mondo. I suoi documentari sono tutti in qualche modo collegati da una visione comune delle cose (la strategia del terrore) e per quanto i suoi modi siano iperbolici riesce tuttavia molto spesso a tenere a fuoco il vero cuore della questione: la disinformazione e la strategia del mantenimento del potere attraverso i media. Che per come la vede lui è un po' apocalittica ma in fondo non sbagliata.
tutti i documentari sono "di parte". ogni autore fa le sue scelte in merito a cosa mostrare e come farlo e ovviamente questo da luogo a visioni parziali. quello che non mi convince di moore e' che anziche' uno spaccato della realta', lui mette in scena un'alterazione della realta' stessa finalizzata a valorizzare la sua tesi. nel momento esatto in cui non si limita a scegliere cosa mostrare, ma interviene sui fatti, il prodotto cessa di essere un documentario (IHMO).
E' vero che interviene sui fatti ma i suoi rimangono sempre documentari.
Se ci pensi chiamiamo documentari anche i film di Herzog.
Sarà,ma quando in un'intervista ha dichiarato che il nostro sistema sanitario funziona meglio del loro ha perso molti punti
Beh almeno il nostro cura tutti. Io son un grande fruitore delle ASL e non ho mai trovato troppi problemi.
mai provato a prenotare un esame specialistico???
Il punto non sono i problemi del nostro ma quanto sia ancora peggiore il loro.
bhe ma basta farti una bella assicurazione...e cmq se non ricordo male in E.R curavano tutti ed ernpure bravi
Esatto il punto è proprio lì: quanto costa una bella assicurazione? Quanto costa essere sani. Da noi solo sudore, lì soldi pesanti.
Anche in ER ti mandavano a casa se non avevi assicurazione.
non è vero...dicevano sempre...questo è un policlinico universitario...noi curiamo tutti
no, a ER erano buoni loro ma se c'era uno senza assicurazione non ci potevano fare niente e lo rimandavano a casa.
per il resto mi associo a mariolone, senza facile qualunquismo li ho visti gli ospedali italiani. ci entri sì ma è un'odissea senza fine...
Si ma qui si discute se sia meglio essere curati con difficoltà o non essere curati.
ok sono fuori tema, non consideratemi (l'intervento su ER era pertinente però)
Guardatevi "Medicina Generale" con Antonello Fassari, invece di sparare cazzate sul sistema sanitario nazionale.
D'accordssimo sulla critica alla prima parte. Davvero semrba un documentario televisivo, una specie di illustrazione cinematografica professionale ma priva del quid inventivo tipico di moore.
non capite un cazzo borghesoni
grande!
questo è un insulto da 1976!
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