Banalità vuole che ogni qual volta si parli di un horror britannico si faccia riferimento alle "atmosfere che rimandano alle produzioni Hammer". In questa recensione, foss'anche solo per tigna, non troverete (un'altra volta) la parola Hammer.
Il maggior pregio di 1921 - Il mistero di Rookford (stavolta serve una laurea in psicologia inversa per capire come mai sia stato cambiato in questa maniera il titolo) è il fatto di aver messo al centro un investigatore donna, in un'epoca in cui tutto ciò era moderno e innovativo, avergli regalato una intro da Sherlock Holmes e piano piano cominciare ad indagarne l'animo.
L'idea, una volta tanto, non è quella di scavare nelle paure del pubblico (o quantomeno non solo) ma di scavare nelle paure della protagonista. 1921 - Il mistero di Rookford non è infatti un film particolarmente spaventoso, ma sa costruire la tensione trovando un paio di scene azzeccate (il plastico della casa) e una soluzione banale raccontata senza banalità.
Molto del merito sta in Rebecca Hall, volto incredibile, bello come dev'essere al cinema ma di una bellezza inconsueta e destabilizzante. Lineamenti pronti a lasciarsi stupire e mostrarsi indecisi, affascinanti ma inclini che raccontano di una vita di insicurezze. Il film di Nick Murphy poteva essere un qualsiasi horror all'acqua di rose, concepito con in mente una variazione sul tema di The Others e invece, una volta tanto, il casting e l'attrice al centro della vicenda cambiano le carte in tavola, inserendo temi, idee e suggestioni che altrimenti sarebbero rimaste delle velleità.
Solo quel volto poteva calzare quel personaggio (tanto che è più probabile che sia accaduto il contrario, ovvero che quel personaggio sia nato da quel volto), dargli autenticità e sincerità.
Nessun commento:
Posta un commento