FESTIVAL DI CANNES 2010
CONCORSO
CONCORSO
Abituati come siamo ad un cinema sofisticato che guarda il pelo nell'uovo, bilancia torti e ragioni e cerca di essere giusto prima di essere emotivo si può respingere con facilità Exodus che invece è un grande filmone (ed è solo la prima parte!) d'altri tempi, tutto sentimentalismo e provvidenza, religione che striscia nonostante il regime comunista e guerra ingiusta con la povera gente.
Il raccontone popolare di Mikhalkov è magniloquente e pieno di eccessi tutti controllati che potrebbero sembrare americanate solo ad un occhio poco allenato mentre sono intrisi del senso del grottesco e dello sguardo filmico russo. Certo declinati in maniera commerciale, con un gran ritmo e concessioni melodrammatiche che il cinema d'incasso russo non disdegna mai di battere.
Fin dalla prima straordinaria sequenza onirica il film è permeato di un modo di vedere gli elementi della natura che è figlia di quello che si faceva in quel paese negli anni '70, riesce a mescolare lo storico con il fantascientifico (il modo in cui la religione è trattata, vista e celebrata di nascosto ricorda i culti misterici dei film sul futuro), il militaresco con il sentimentale che parte solo dal cinema colossale americano degli anni '40 per arriva dritto nella modernità.
Un padre e una figlia si cercano disperatamente durante il secondo conflitto mondiale. Per trovarsi passano diverse allucinanti esperienze divise tra il fronte e il fronte interno. Tra bastardi, violenti, gentili e sordidi russi e nazisti. Un fiume in piena.
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