La serie di "Ti presento i miei" è il classico esempio del franchise andato male per eccesso di sfruttamento (se ci fosse un manuale di produzione cinematografica starebbe assieme a I pirati dei Caraibi nel capitolo titolato "Produrre come se non esistesse un domani"). Lo schema è: dopo un primo capitolo bello e di successo, nel secondo se ne estremizzano gli elementi che si sono rivelati di successo, si aumentano le partecipazioni importanti e inevitabilmente se ne svilisce il valore.
In controtendenza con quella che sembrava una piega inevitabile però, il terzo film che contrappone Stiller/De Niro recupera un po' del divertimento originale senza arrivare a quelle vette, anche perchè nessuno dei coinvolti, specie Ben Stiller, sembra più così in forma e pieno di voglia di fare come allora.
Cambiano il regista (non più Jay Roach) e alcuni membri del team di scrittura, si riducono in termini di importanza, sebbene aumentino per numero, le partecipazioni (Dustin Hoffman, Barbra Streisand, Laura Dern, Jessica Alba e Harvey Keitel hanno poco spazio) e ci si concentra su quella che era l'idea originale: un povero marito, di natura non eccezionale, che ha come suocero un ex della CIA con il mito del meglio per sua figlia.
Sebbene qualche gag sia un po' forzata e sembri non profondere nessun impegno nell'ideare incastri in cui il genero involontariamente fa brutta figura o danneggia il suocero, la maggior parte del racconto tiene di nuovo presente quello che era la base del successo del primo film: un meccanismo complesso che incastri il protagonista con la medesima ineluttabile sfortunata casualità che si riscontra nella realtà.
La cosa più curiosa è come il film recuperi un certo citazionismo per i classici del cinema (soprattutto di generi che non sono la commedia) che era la regola nella prima metà degli anni '00 e che ora si è (fortunatamente) abbandonato.
Vedere riferimenti all'inseguimento in metropolitana di Il braccio violento della legge o alle scene di suspense di Lo Squalo, provoca uno strano effetto deja vù. Il ricordo però non va ai film citati quanto ai film che facevano di quel citazionismo alla buona, continuo e un po' forzato la regola. La citazione che finisce per citare se stessa e non il proprio contenuto.
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