CONCORSO
MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 2011
Da un film su commissione come questo Cime Tempestose era difficile aspettarsi tanta logica prosecuzione di quanto di buono mostrato in Fish Tank. E invece...
Invece Andrea Arnold asciuga la trama del romanzo di Emily Bronte da qualsiasi fronzolo, elimina tutta la parte di storia che non riguarda Heathcliff e Catherine e, dando per scontato lo svolgimento della storia, si concentra solo ed esclusivamente sui movimenti sentimentali e sul racconto per immagini di quel complicato insieme di odio, amore e riempitivo della solitudine che è il loro rapporto.
Come per Fish Tank sono ancora i particolari inquadrati a distanza ravvicinatissima e con poca profondità di campo il mezzo espressivo prediletto dalla regista. Nulla di nuovo od originale ma raramente tali contrappunti erano stati usati meglio.
Il montaggio mescola piani medi, primi piani e per l'appunto questi super dettagli cercando di simulare di volta in volta la furia sentimentale, l'attenzione degli amanti o anche l'eterno scorrere del tempo attraverso. C'è un ramo che batte di continuo contro la finestra, costante lungo gli anni che passano, così come piante mosse dal vento che non si curano di quanto accade. Tutto già sperimentato e tutto funzionante!
Con una fotografia in 4:3, camera a mano come fossimo in un contesto violento suburbano (invece siamo nella violentissima campagna) e la precisa idea che le radici di tutto stiano nell'adolescenza, in quei primi incontri (di nuovo tornano i temi di Fish Tank), e che il dolore fisico autoinflitto stringa un rapporto determinante con il dolore interiore, Andrea Arnold gira il meno convenzionale dei possibili adattamenti di Cime Tempestose dimostrando che una regista attaccata a temi moderni può perseguirli anche dirigendo un romanzo ottocentesco.
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