Hollywood ha una lunga tradizione di thriller politici, film che ambientano storie di intrighi e misteri a Washington andando a rimestare con l’attualità. Si tratta del modo in cui gli americani indagano su se stessi, non tramite inchieste vere (come è capitato al cinema italiano) ma tramite fatti di finzione che rappresentano il sentire comune in un dato momento nei confronti della politica, delle istituzioni e dei media.
Anche prima di Tutti Gli Uomini Del Presidente questo genere è stato molto praticato ma il film di Pakula ne ha definito gli standard estetici e di racconto che ancora sono validi e che si ritrovano anche in State Of Play, film che prende le mosse da un’omonima serie per la televisione britannica senza necessariamente ricalcarne tutta la struttura.
Russell Crowe è un cronista d’assalto vecchio stampo del Washington Post mentre Rachel McAdams è una nuova leva che lavora ai blog del giornale. Il primo disprezza la seconda ma sarà costretto a collaborare con lei su una storia che intreccia fatti scabrosi della vita privata di un politico suo amico (argomento del blog) e omicidi per motivi di droga (argomento del cronista). Il politico è Ben Affleck.
Il film dunque prende le mosse palesemente dal mondo del giornalismo per mostrare i legami con la politica e affermarne in fondo l’indipendenza e l’importanza di fronte come al solito ad un sistema corrotto. Rispetto al solito però il film è decisamente più speranzoso, in questo è decisamente più obamiano, cioè appartiene ad un nuovo corso per il quale la politica è sempre quella passibile di corruzione, ma in fondo la speranza in un domani migliore è più viva che mai.
L’intreccio, che solitamente è la cosa più dura di questo genere, si lascia seguire con scorrevolezza ed appassiona. Kevin Macdonald è molto abile nel mantenere costantemente vigile l’attenzione dello spettatore giocando con il sistema aspettativa-svelamento. I colpi di scena sono prevedibili quel tanto che basta per instillare il dubbio e scatenare la tensione, così che ad ogni scoperta corrisponda un nuovo obiettivo. La trama è davvero un congegno ad orologeria.
Certo il ritmo non è quello del cinema d’azione o del thriller puro ma il genere ha le sue regole.
Anche prima di Tutti Gli Uomini Del Presidente questo genere è stato molto praticato ma il film di Pakula ne ha definito gli standard estetici e di racconto che ancora sono validi e che si ritrovano anche in State Of Play, film che prende le mosse da un’omonima serie per la televisione britannica senza necessariamente ricalcarne tutta la struttura.
Russell Crowe è un cronista d’assalto vecchio stampo del Washington Post mentre Rachel McAdams è una nuova leva che lavora ai blog del giornale. Il primo disprezza la seconda ma sarà costretto a collaborare con lei su una storia che intreccia fatti scabrosi della vita privata di un politico suo amico (argomento del blog) e omicidi per motivi di droga (argomento del cronista). Il politico è Ben Affleck.
Il film dunque prende le mosse palesemente dal mondo del giornalismo per mostrare i legami con la politica e affermarne in fondo l’indipendenza e l’importanza di fronte come al solito ad un sistema corrotto. Rispetto al solito però il film è decisamente più speranzoso, in questo è decisamente più obamiano, cioè appartiene ad un nuovo corso per il quale la politica è sempre quella passibile di corruzione, ma in fondo la speranza in un domani migliore è più viva che mai.
L’intreccio, che solitamente è la cosa più dura di questo genere, si lascia seguire con scorrevolezza ed appassiona. Kevin Macdonald è molto abile nel mantenere costantemente vigile l’attenzione dello spettatore giocando con il sistema aspettativa-svelamento. I colpi di scena sono prevedibili quel tanto che basta per instillare il dubbio e scatenare la tensione, così che ad ogni scoperta corrisponda un nuovo obiettivo. La trama è davvero un congegno ad orologeria.
Certo il ritmo non è quello del cinema d’azione o del thriller puro ma il genere ha le sue regole.
8 commenti:
hai visto che è uscito l'italiano "Sbirri" con Raoul Bova?
non che ci si possa aspettare niente per carità ma nemmeno avere la percezione di essere catapultati negli anni '80.
ho visto la presentazione in un programma e veramente protagonista e regista parlano con un'ingenuità di vent'anni fa. frasi tipo "dovremmo sapere cosa fanno i nostri figli, bisogna interessarsi a loro" e ... "i genitori credevano fosse un bravo ragazzo e invece..."
ma che è? ...
è una cosa tra le più brutte mai viste.
Di una stupidità infantile. Ancora "Si droga perchè ha delle mancanze", totalmente dogmatico, combattere gli spacciatori perchè si, per i nostri ragazzi! Le pasticche fuori dalla discoteca, le predica su "è tanto bella la vita".
Una cosa di 20 anni fa dici bene.
Orribile (Sbirri dico) sin dal trailer. Ma una cosa ancora peggiore l'ho beccata l'altra sera sempre nella striscia promozionale con i trailer... era un film giovanilistico, una cosa a basso costo. Purtroppo non mi ricordo il titolo.
Nient'altro che noi.
Brrrrrr....
non me lo dire.... mi tocca martedì
I mori ci attaccano.
il blog più desiderato nel medioriente
ti lascio immaginare le variazioni sul tema del titolo "Sbirri".....
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