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12.4.09

Che cos'è il cinema

Repubblica.it sta mandando giornalmente dei cortometraggi realizzati da registi italiani con immagini e interviste ai terremotati. Dai titoli di coda mi sembra di intuire che le riprese siano state quasi le stesse per tutti (forse c'era un calderone comune a cui attingere e poi chi voleva integrava con le sue) ma ognuno ha cercato un proprio modo per raccontare con le immagini e il linguaggio filmico qualcosa dell'accaduto.
L'idea mi intriga parecchio perchè amo molto come il linguaggio cinematografico si espanda andando a contaminare altri tipi di produzioni, facendo da base a nuovi sviluppi. Come in sostanza si utilizzi quel modo di narrare anche per finalità diverse dal film propriamente detto.
In questo caso poi è ancora più curioso notare come ognuno abbia cercato in quelle immagini iun proprio senso del cinema, cioè gli strumenti con i quali "fare" un racconto e non un reportage giornalistico.

L'Assegnazione delle tende di Paolo Sorrentino
Qui si ricicla e si amplia l'idea alla base dell'altro corto fatto dal regista, quello per la serie PerFiducia, come se Sorrentino necessitasse di tempo per partorire un'idea e non avendone avuto abbia utilizzato quella alla base del lavoro subito precedente.
Ma appunto la amplia e la adatta alle situazioni, cerca la cronaca e il realismo ma con l'occhio cinematografico, cioè con l'occhio che usa le immagini non solo per spiegare, illustrare e documentare ma soprattutto raccontare.

Le Mani di Osmai di Michele Placido
Placido si rivela molto poco abile e acuto nell'adattarsi e per raccontare a modo suo l'accaduto si rifugia nell'espediente di stampo giornalistico più semplice in assoluto: cercare la tragedia particolare nella tragedia generale.
L'idea come sempre è spiegare il grande dramma affrontandone bene uno tra i più empatici dei molti che l'hanno composto, cosa che è più semplice ed immediata anche da comprendere. Veramente molto poco impegnativo...

Nonostante tutto è Pasqua di Ferzan Ozpetek
Non rinuncia al suo stile Ozpetek e tra tutti è l'unico a fare un lavoro estetico sulle immagini, giocando tra il bianco e nero, il forte contrasto e i colori sparati. Certo alla fine realizza praticamente un videoclip dai buoni sentimenti (la ragazza che canta è una delle vittime), dalle terribili dissolvenze e addirittura si concede una forzatura decisamente di troppo con la videocamere sballottata a simulare le scosse di terremoto, ma se non altro cerca di trovare se stesso e il suo modo di intendere il racconto per immagini in quelle sequenze.

Perfect Day di Mimmo Calopresti
Come è facile capire dal titolo si tratta di un polpettone ruffiano al massimo giocato sul contrasto tra immagini tragiche e musica che racconta di un giorno perfetto. Vuole essere amaro nella sua iperbole ma riesce solo ad essere kitsch. Non ci sono idee vere nè tantomeno scampoli di cinema, solo un clippone da tv. Se Vespa fosse più audace di quanto non sia già potrebbe anche mandare una cosa del genere a Porta a Porta.

Le Donne di San Gregorio di Francesca Comencini
E' Francesca Comenicini, a totale sorpresa, l'unica a trovare davvero una dimensione estetica che sia in grado di parlare autonomamente e a metterla in armonia con le interviste fatte. L'unica a mischiare sul serio reportage e documentario cinematografico anche con una punta d'ironia (che in sè è parte del linguaggio).
Le sue scelte sono subito dichiarate: occuparsi di una zona sola e solo delle donne che la abitavano. Sceglie in sostanza di non cercare di parlare dell'evento in generale ma di trovare l'umanità dentro l'accaduto. Non scava nemmeno nelle tragedie personali come fanno molti degli altri, semplicemente mostra esseri umani ben sapendo che lo spettatore farà il collegamento con ciò che è accaduto e tutto il contesto.
Straordinario poi l'uso che fa del fatto che mentre intervistava ci sono state piccole scosse d'assestamento.

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