CONCORSO
FESTIVAL DEL FILM 2008
FESTIVAL DEL FILM 2008
Dopo un inizio che faceva veramente presagire il peggio questo concorso sta decisamente decollando con pellicole ottime, specialmente nell'ottica della missione del festival (un cinema che piaccia alla critica ma anche al pubblico).
Aiutati Che Dio T'Aiuta è un film dai temi forti che non cerca mai l'indulgenza ma approcciato con delicatezza e un tono scanzonato e ironico che ricorda moltissimo le nostre commedie più amare (il miglior Virzì) e soprattutto è dotato di uno spirito ottimista e inarrestabile perfettamente riassunto dal titolo.
Racconta di una famiglia francese di immigrati africani che vive nella periferia di una non ben specificata città. Il fuoco principale è sulla madre, catalizzatore di tutte le innumerevoli disgrazie che si abbattono su lei, il marito e i figli (uno messo peggio dell'altro) eppure indomitamente sempre capace di guardare avanti, non arrendersi e pensare a se stessa.
Lontano da qualsiasi ruffianeria (e dato il fine della pellicola era facile scadere) e da qualsiasi parente autoconsolatoria il film di Dupeyron è anche girato con grandissima sapienza, tutto orchestrato intorno al grande caldo dell'estate cittadina. Il quartiere semi africano dove si svolge il film è ritratto con dominanti caldissime e la macchina da presa spesso posta vicino al terreno è usata per enfatizzare il caldo percepito, cosa che dona alle diverse disgrazie che si abbattono senza pietà un carattere ancor più infernale.
Da grande, grandissimo cinema la sequenza del matrimonio della figlia, in cui commedia e tragedia si fondono con una profondità ed una forza nei rispettivi toni che nemmeno noi abbiamo mai raggiunto.
Aiutati Che Dio T'Aiuta è un film dai temi forti che non cerca mai l'indulgenza ma approcciato con delicatezza e un tono scanzonato e ironico che ricorda moltissimo le nostre commedie più amare (il miglior Virzì) e soprattutto è dotato di uno spirito ottimista e inarrestabile perfettamente riassunto dal titolo.
Racconta di una famiglia francese di immigrati africani che vive nella periferia di una non ben specificata città. Il fuoco principale è sulla madre, catalizzatore di tutte le innumerevoli disgrazie che si abbattono su lei, il marito e i figli (uno messo peggio dell'altro) eppure indomitamente sempre capace di guardare avanti, non arrendersi e pensare a se stessa.
Lontano da qualsiasi ruffianeria (e dato il fine della pellicola era facile scadere) e da qualsiasi parente autoconsolatoria il film di Dupeyron è anche girato con grandissima sapienza, tutto orchestrato intorno al grande caldo dell'estate cittadina. Il quartiere semi africano dove si svolge il film è ritratto con dominanti caldissime e la macchina da presa spesso posta vicino al terreno è usata per enfatizzare il caldo percepito, cosa che dona alle diverse disgrazie che si abbattono senza pietà un carattere ancor più infernale.
Da grande, grandissimo cinema la sequenza del matrimonio della figlia, in cui commedia e tragedia si fondono con una profondità ed una forza nei rispettivi toni che nemmeno noi abbiamo mai raggiunto.
2 commenti:
qui non ti seguo. l'ho trovato reiterativo e asfittico-alp
no per me è proprio un grande racconto, con personaggi belli e complessi.
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