Dagli anni '80 in poi, cioè da Gabriele Salvatores in poi, il road movie alla ricerca di se stessi e dei legami che una volta si aveva con amici o famiglia è diventato un classico del nostro cinema.
A modo nostro abbiamo rielaborato le caratteristiche vincenti dei film "in movimento" (paesaggi sempre diversi, situazioni sempre diverse, facile metafora del cambiamento) con le caratteristiche tipiche del nostro modo di fare film (attenzione ai legami più che ai sentimenti, strutture drammatiche che si nutrono delle parti di commedia ancor più che di quelle realmente drammatiche, riprese in esterni) ottenendo una via tutta nostra.
La Casa Sulle Nuvole riassume tutto questo e si pone come l'ennesimo film sul genere fatto in Italia. Questo di per sè non è proprio un bene, tuttavia non si può non riconoscere come Giovannesi, appoggiandosi a meccanismi, stili e dinamiche già molto rodate e provate riesce a girare un racconto che indubbiamente nella sua semplicità funziona.
Il viaggio stavolta è quello di due fratelli (il piccolo emotivo ed espansivo, il grande introverso e scontroso ma solo per nascondere un'emotività anche maggiore del piccolo) che vanno in Marocco a parlare con un padre che credevano morto e che invece ha venduto la casa in cui ora i due vivono.
Inutile dire che lì scopriranno più di quanto credevano possibile su stessi, sul proprio rapporto e su cosa vogliano dalla vita, anche grazie ad alcuni incontri romantico-sessuali con donne autoctone.
Il film ha anche dei momenti che colpiscono nel segno con un po' più di abilità come quello molto decantato della mongolfiera che emerge dalle dune o quello finale del saluto da lontano teso a strappare qualche lacrime anche grazie ad Adriano Giannini (che per le ovvie rassomiglianze è un altro di quei volti commoventi in sè per la storia del cinema italiano).
Il resto tuttavia è abbastanza ordinario e sebbene girato con invisibile umiltà non guizza mai e rimane sulla sufficienza.
A modo nostro abbiamo rielaborato le caratteristiche vincenti dei film "in movimento" (paesaggi sempre diversi, situazioni sempre diverse, facile metafora del cambiamento) con le caratteristiche tipiche del nostro modo di fare film (attenzione ai legami più che ai sentimenti, strutture drammatiche che si nutrono delle parti di commedia ancor più che di quelle realmente drammatiche, riprese in esterni) ottenendo una via tutta nostra.
La Casa Sulle Nuvole riassume tutto questo e si pone come l'ennesimo film sul genere fatto in Italia. Questo di per sè non è proprio un bene, tuttavia non si può non riconoscere come Giovannesi, appoggiandosi a meccanismi, stili e dinamiche già molto rodate e provate riesce a girare un racconto che indubbiamente nella sua semplicità funziona.
Il viaggio stavolta è quello di due fratelli (il piccolo emotivo ed espansivo, il grande introverso e scontroso ma solo per nascondere un'emotività anche maggiore del piccolo) che vanno in Marocco a parlare con un padre che credevano morto e che invece ha venduto la casa in cui ora i due vivono.
Inutile dire che lì scopriranno più di quanto credevano possibile su stessi, sul proprio rapporto e su cosa vogliano dalla vita, anche grazie ad alcuni incontri romantico-sessuali con donne autoctone.
Il film ha anche dei momenti che colpiscono nel segno con un po' più di abilità come quello molto decantato della mongolfiera che emerge dalle dune o quello finale del saluto da lontano teso a strappare qualche lacrime anche grazie ad Adriano Giannini (che per le ovvie rassomiglianze è un altro di quei volti commoventi in sè per la storia del cinema italiano).
Il resto tuttavia è abbastanza ordinario e sebbene girato con invisibile umiltà non guizza mai e rimane sulla sufficienza.
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