RETROSPETTIVA
MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 2011
Creduto perso per anni, salvo poi essere stato ritrovato e restaurato dalla Fondazione Cineteca Italia, questo film di propaganda è una testimonianza importante della volontà di apertura verso l'Europa. Pensato per placare le polemiche dovute ai lavori del traforo del San Gottardo e realizzato da un regista che fu tra i pionieri del muto ma che nel ventennio era stato considerato pochissimo, il film è una favoletta pulita e innocua (anche a livello di propaganda).
Tutti i conflitti che animano la pellicola, da quello tra i vetturali e gli ingegneri (i primi sono l'unica forma di trasporto che i secondi uccideranno con il traforo) fino a quello più particolare tra uno di loro e lo spasimante della figlia (che guarda caso è ingegnere), si risolvono con la nascita di un figlio. Partito come un'opera che vuole mettere a confronto due mentalità, quella progressista e modernista contro quella conservativa tipica delle comunità provinciali, nell'ottica di una risoluzione a favore dell'interessa nazionale, il film sempre di più prende la piega del romanzetto, dimenticando le priorità.
E non è di maggior interesse la fattura, idealizzata e stilizzata in un momento storico in cui il realismo stava per risorgere dal cimitero francese e arrivare nelle strade italiane, di fatto pronto a relegare in un angolo quest'idea di cinema ripulito e sofisticato.
Durante una dissolvenza incrociata per poco si vede pure il ciak....
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