Si parla di una storia vera (e già...) nella Romania dei primi anni '90 (e già...), storie di bambini barboni che vivono nelle condutture e delle associazioni umanitarie che si prefiggono di salvarli attraverso l'arte circense. Insomma un soggetto terribile. E proprio per questo il film ha qualche merito.
Marco Pontecorvo filma questa storia che da ogni riga trasuda filmaccio con uno stile molto distaccato, nonostante ci siano molti climax emotivi (non sempre riusciti) e in diversi punti i personaggi si lascino andare ad eccessi, lui, il regista, rimane sempre distante, inquadra tutto con macchina a mano (che fa metropolitano) ma con grandi zoom. Non si immerge nella realtà ma preferisce esserne narratore onniscente.
Spesso è molto lontano dall'azione e raramente si sofferma su chiari primi piani prediligendo la confusione. Fa insomma delle chiare scelte espressive che donano al film non solo coerenza ma anche una certa personalità.
Insomma filma bene un soggetto che in ogni momento sembra pronto per cadere nel baratro del qualunquismo e del pietismo facile. Invece nonostante racconti di bambini sfruttati, violentati, che si drogano, si prostituiscono e partoriscono a 14 anni, lo stesso riesce a non essere patetico e a ritrarre delle piccole figure complesse (che non è mai facile).
Più ridicola la parte di critica delle istituzioni (le ONG) e il dipinto della società di sfondo, banalmente corrotta ma mai veramente in grado di interagire con i personaggi. Cioè nonostante sia un film che si propone di raccontare quella realtà della Romania del 1992, lo stesso non riesce a mettere in un rapporto virtuoso personaggi e paesaggio, non riesce ad incorniciare quei bambini e quegli adulti in un sistema più ampio che non siano ONG vigliacche, ambasciate politicizzate e polizia senz'anima.
Marco Pontecorvo filma questa storia che da ogni riga trasuda filmaccio con uno stile molto distaccato, nonostante ci siano molti climax emotivi (non sempre riusciti) e in diversi punti i personaggi si lascino andare ad eccessi, lui, il regista, rimane sempre distante, inquadra tutto con macchina a mano (che fa metropolitano) ma con grandi zoom. Non si immerge nella realtà ma preferisce esserne narratore onniscente.
Spesso è molto lontano dall'azione e raramente si sofferma su chiari primi piani prediligendo la confusione. Fa insomma delle chiare scelte espressive che donano al film non solo coerenza ma anche una certa personalità.
Insomma filma bene un soggetto che in ogni momento sembra pronto per cadere nel baratro del qualunquismo e del pietismo facile. Invece nonostante racconti di bambini sfruttati, violentati, che si drogano, si prostituiscono e partoriscono a 14 anni, lo stesso riesce a non essere patetico e a ritrarre delle piccole figure complesse (che non è mai facile).
Più ridicola la parte di critica delle istituzioni (le ONG) e il dipinto della società di sfondo, banalmente corrotta ma mai veramente in grado di interagire con i personaggi. Cioè nonostante sia un film che si propone di raccontare quella realtà della Romania del 1992, lo stesso non riesce a mettere in un rapporto virtuoso personaggi e paesaggio, non riesce ad incorniciare quei bambini e quegli adulti in un sistema più ampio che non siano ONG vigliacche, ambasciate politicizzate e polizia senz'anima.
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