La vera notizia è però che in Poveri ma ricchi si ride e moltissimo, si ride di basso ventre e di testa. È un film comico dal tempismo impeccabile che sforna battute e situazioni esilaranti ad intervalli regolari come un metronomo. Il suo segreto sta in un lavoro sugli attori simile a quello che si faceva nelle grandi commedie popolari italiane degli anni ‘50, quelle in cui gli attori portavano in scena il proprio repertorio, e non a caso, proprio come in quei film, i personaggi che non funzionano per niente sono i figli. Se però De Sica fatica moltissimo a trasferire ad un popolano il suo repertorio di mosse, interiezioni e tormentoni maturato ed evoluto in anni di personaggi eleganti e sofisticati, la rediviva Anna Mazzamauro anima una nonna che conquista a gomitate un ruolo maggiore di quello che potrebbe avere in altri film simili, ricordando a tutti la differenza che faceva nei film con Villaggio.
È tuttavia Lucia Ocone la stella del film, l’attrice che dà realmente forma a Poveri ma ricchi e ne incarna meglio di tutti l’idea di fondo. La sua moglie disgraziata che diventa signora per bene senza dimenticare i modi rudi, è un gioiello di demonici dettagli e desideri popolani resi realtà. Ocone, in un ruolo che una volta sarebbe stato di Cinzia Leone, sembra essere l’unica capace di far ridere con ogni parte del corpo, conscia che ogni gesto, anche il più piccolo può animare una gag, può scandire un tempo comico e creare anche un minuscolo momento esilarante. Soprattutto non cade nella trappola di chi ha fatto moltissima televisione, non cerca il personaggio comico ma interpreta un ruolo divertente non solo per quel che dice ma per la persona che è. Le affidano una donna fissata con Al Bano e lei regala un Felicità da morire, le mettono accanto il cameriere di Ubaldo Pantani e dandogli uno schiaffo mette in scena la gag più divertente di tutto il film. Un trionfo.
L’unica nota stonata di questo film orientato sugli attori è Enrico Brignano, che vive una trama tutta sua (assente nell’originale), una storia d’amore quasi parallela alla trama originale e che sembra rifiutare i princìpi del film. Non sembra un miserabile poveraccio come gli altri all’inizio, non sembra un arricchito dopo la vincita, è invece sempre se stesso, sempre Brignano. Questo è più che sufficiente per qualche risata ma nuoce all’equilibrio generale di un film che marcia evidentemente ad un passo cui l’attore romano non è abituato e che non riesce a tenere. Perché mentre il suo personaggio cerca il colpo di fioretto, gli altri hanno già affondato da tempo, in ogni scena e abbondantemente; quando lui riesce a capitalizzare una risata gli altri ne hanno regalate già 10.
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