Tatanka si apre con l'inizio più clamoroso che negli ultimi anni ci abbia regalato un film italiano. Panoramica di un quartiere degradato, rumori ambientali soffusi, di colpo fortissimo esplode uno sparo, la macchina da presa indugia ancora un po' sulla medesima inquadratura in cui qualche persona sembra correre, poco trambusto rispetto allo stupore, la forza e il soprassalto del botto appena passato. Fantastico.
Non ci dovrebbe essere bisogno di dirlo ma quel Roberto Saviano, sparato ovunque senza ritegno per il fatto che il film poi ha poco a che vedere con l'articolo in questione, lo rende necessario: Tatanka non centra nulla con Gomorra e con Garrone. Il cinema di Matteo Garrone è tutto delocalizzante (va in loco a riprendere persone vere in posti veri ma con l'idea di farli sembrare tutt'altro, un'astronave, un western...) mentre Gagliardi è decisamente più tradizionale nel suo posizionarsi in una periferia campana generica e qualsiasi.
Allo stesso tempo però Tatanka non può non risentire di Gomorra (come tutto il cinema dei prossimi anni in materia) e ne incorpora molte idee dalla musica neomelodica che accompagna la colonna sonora, al tipo di fotografia. Ma con altre finalità.
Il film è una storia di pugilato, un classico del cinema con tutti i relativi topoi. L'allenatore che tira fuori dalla strada un ragazzo problematico (Giorgio "100 film l'anno" Colasanti), le vecchie amicizie che tornano sempre a riportare il mondo della malavita nella vita del protagonista, la riuscita individuale attraverso il sudore e la vita della volontà sulla carne.
Le scene di boxe non sono ottime, ma non è lì il punto. Purtroppo questo non è nemmeno nel rapporto personaggi/paesaggio, che poteva essere interessante, nè infine il punto sembra stare nel rapporto che il protagonista ha con il suo percorso di purificazione (com'è in The Fighter). E questo è il principale limite di un film che parte molto bene, ha la grande intuizione di usare Clemente Russo, protagonista del film e della storia vera, è ben scritto e ben girato ma poi finisce schiacciato dalle esigenze di rispetto della vera storia.
2 commenti:
Giorgio Colangeli...
Ormai sono arrivato
grazie
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