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11.2.12

Cesare deve morire (2012)
di Paolo e Vittorio Taviani

CONCORSO
BERLINALE 2012

La connessione è delle più ovvie: opera shakespeariana e veri criminali. Anche la struttura è delle più abusate (e shakespeariane): uomini che mettono in scena un dramma, il quale rispecchia le loro vere vite. Eppure Cesare deve morire, è un film tra i più riusciti mai visti nell'ambito dello sfruttamento del teatro al cinema.

Di teatro infatti c'è molto poco, se non la partenza. Dei carcerati (veri ma abituati a recitare) mettono in scena il Giulio Cesare di Shakespeare per uno spettacolo dentro la prigione. Si comincia con i provini (un montaggio fenomenale per climax e gestione dei toni e del ritmo ad opera dell'immenso Roberto Perpignani), poi si procede con le prime prove e infine queste prove fatte non in costume e nei luoghi del carcere (nelle celle, nei cortili) lentamente diventano l'opera stessa. Messe una accanto all'altra e in ordine cronologico, le prove trasportano nella realtà quel dramma, senza mai dimenticare di "uscire" dalla rappresentazione (una guardia che entra, il regista teatrale che interviene, gli attori che si fermano). In modo che la trovata del film non diventi un dogma e che la finzione e le battute del teatro non vincano mai sulla finzione e le battute del film.

Non c'è infatti nulla di "documentaristico", anche quando non recitano le battute del Giulio Cesare i carcerati recitano una parte (di carcerato) per il film, eppure tutto sa di vero, vero come solo la finzione sa essere: per metafore ma non meno convincente.
In un bianco e nero pasoliniano nel contrasto e nell'accoppiamento con le musiche, il lento scendere dei condannati nei ruoli del dramma è la miglior resa immaginabile, al cinema, per il testo e le parole shakespeariane. I Taviani sono riusciti, lavorando su forma, adattamento e testo, a trovare nuovo significato (moderno) a parole antiche, nuovo sfruttamento di una storia sentita molte volte, per parlare di altri personaggi che non sono Giulio Cesare e Bruto, che nemmeno gli assomigliano, che non hanno vite simili, ma che ne condividono sensazioni, umori e toni. E non possono fare a meno di mostrarlo.
Rispetto ad un'opera coeva e recente come Tutta colpa di Giuda, è proprio rifiutando il documentarismo e qualsiasi forma di realismo che i Taviani trovano il senso ultimo. Abbracciando il cinema e sfruttando il teatro.

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