Ci sono cose delle quali non ci libereremo mai.
Sulla strada di casa ha una buona idea, racconta di un impresario medio di media borghesia di un medio norditalia, coinvolto in un affare più grande di sè (ovviamente piccolo-criminale) per mantenere una facciata di benessere durante la crisi economica. Con lo spettro della moglie e del figlio tenuti sequestrati, viaggia lungo tutto il paese pedinando disperatamente un altro uomo che ha poco da perdere (ma che per lui lo stesso è tanto) e soprattutto possiede il maltolto che va riportato per rivedere i propri cari. Un uomo ordinario e mediamente vile costretto ad azioni straordinarie e a una violenza che non vuole affrontare. Un classico intramontabile.
Emiliano Corapi per la sua opera prima sembra fare tutto bene. Sceglie un buono spunto, lo articola in una trama piena d'interessa e lo ambienta in un contesto significativo, uno che dia al film anche un minimo di seconda lettura.
Eppure lo stesso tutto finisce nella supremazia del sentimentalismo facile e alla buona, quello delle famiglie, dei nostri cari, delle scelte scontate e del voler bene all'italiana. Senza un filo di critica ma anzi usando tutto questo come motore "alto" per le azioni dei personaggi.
Pur senza particolari guizzi, ma con una calma e un controllo che potevano dare frutti migliori Sulla strada di casa ha tutto il sapore delle migliori occasioni perse. Dopo una prima parte in cui molte idee sono messe sul piatto, in cui ogni piccola svolta sembra davvero curata e in cui anche il paesaggio e gli ambienti sono sempre curati e significativi (ma a dire il vero questo si trova molto spesso nel nostro cinema), la seconda parte sembra chiudere tutto in fretta, senza quella medesima ricerca in termini di idee e motivazioni che avevano alimentato l'inizio. Tutto è affidato alle nozioni condivise dei facili affetti e a clamorosi, quanto improbabili ribaltoni, fatti in nome di una non troppo chiara etica umana.
Ci sono cose delle quali non ci liberemo mai.
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